| C-130, in esame le scatole nere Da chiarire le cause dell'incidente
Un errore umano o un guasto tecnico. Potrebbero essere queste le cause dello schianto del C-130 nei pressi dell'aeroporto di Pisa. Una risposta certa, anche su chi era ai comandi, arriverą soltanto dalle scatole nere, che sono ora nelle mani dei magistrati che indagano sul caso. "L'aereo era di recente costruzione e ineccepibile dal punto di vista manutentivo", ha spiegato il generale Stefano Fort, comandante della 46/a brigata.
Ma Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle forze armate, chiede di adottare subito "un primo provvedimento: fermare la linea di volo dei C-130J".
Intanto, alla base della 46/a brigata aerea di Pisa, pur in una giornata di lutto, l'attivitą prosegue. Un'attivitą di supporto dei contingenti, missioni umanitarie, e sostegno sanitario portata avanti da 1.350 militari che, nel solo 2008, hanno totalizzato 15 mila ore di volo a questi scopi.
"Continuare ad assolvere la missione che ci č stata assegnata operando sia in Patria che all'estero in favore di chi ha bisogno, č il modo migliore per onorare la memoria dei nostri uomini tragicamente scomparsi", dice il capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, Daniele Tei. Un aereo dello stesso tipo di quello precipitato in giornata porterą medici e attrezzature sanitarie in Mali.
"Il maggiore Bruno Cavezzana era un mito" Intanto, i militari compiangono i colleghi che "erano compagni di vita", non solo il lavoro. Il maggiore Bruno Cavezzana, il comandante istruttore del volo, per i militari di stanza a Pisa era "un mito": "Il top che poteva esprimere la brigata", ricorda il generale Stefano Fort. La vedova, Sabrina Martinelli, quarantenne come lui, č chiusa nel suo dolore nella loro villetta a schiera in via Quasimodo a Ponsacco (Pisa), protetta da carabinieri e personale dell'aeronautica. Cavezzana lascia una bambina, Emma, nata nell'agosto del 2008.
"Gente esperta" I due allievi piloti, che, sotto la guida di Cavezzana stavano esercitandosi nella manovra di volo, Gianluca Minichino (in attesa del secondo figlio) e Salvatore Bidello, erano "due piloti in gamba - dicono i colleghi - con molte ore di volo alle spalle, mica dei neofiti". Poi ci sono i primi marescialli Maurizio Ton (lascia la moglie e due figli di 20 e 15 anni) e Gianluca Larice, che erano addetti al carico. Tutti profondamente legati alla loro uniforme, convinti della loro missione, solidali con gli altri.
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