Avventure di una schiava (intro), di Tom

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sampei01
view post Posted on 8/2/2017, 09:50     +1   -1




Quello che state per leggere è un estratto del primo romanzo dedicato a Nadia, slave diciottenne di Firenze. Delusa dal mondo del BDSM italiano, la ragazza decide di allontanarsi dalla famiglia e di fare nuove esperienze in giro per il mondo. Conseguito il diploma (al liceo linguistico), Nadia parte per il Brasile, dove conosce Soraya, l’avvenente titolare di una piccola compagnia cinematografica che produce video feticisti. Sotto la sua guida, la giovane slave italiana inizierà un percorso che la porterà a divenire non soltanto la “schiava di scena” dei film della FetishBraz, ma anche una vera propria serva domestica alle dipendenze di una coppia di giovani dominatori di Rio de Janeiro.
In pochi giorni la vita della ragazza viene così ad essere stravolta. Vanessa, la lei della coppia, inizierà a utilizzarla come sguattera al proprio servizio, umiliandola in ogni modo possibile e immaginabile, e giungendo persino a utilizzarla come cesso umano.
Potete leggere le avventure di Nadia su
https://www.bookrepublic.it/book/978886936...di-una-schiava/

http://www.omniabuk.com/scheda-ebook/tomas...074-407107.html



Lo studio della signora Soraya era situato in una vecchia palazzina alla periferia della città. L’edificio versava in condizioni a dir poco fatiscenti; i muri erano sbrecciati, l’intonaco era franato sul prato incolto circostante e il vialetto d’ingresso era disseminato di crepe e rialzi. Nei pressi del cancelletto, che era di un rugginoso quasi inquietante, due uomini sulla trentina sembravano attendere chissà cosa. Uno stava fumando una sigaretta, mentre l’altro seguiva con apprensione i movimenti delle auto e dei ciclisti che transitavano lungo la strada.
Arrivai all’ingresso della palazzina e individuai la targhetta della FetishBraz sulla pulsantiera del citofono. Era una rettangolino di carta dorata slabbrato agli angoli. Sembrava che qualcuno lo avesse appiccicato lì con lo sputo.
Un attimo prima di premere il bottone, una vocina proveniente da chissà quale recondito anfratto della mia mente parve bisbigliare qualche breve parola di disapprovazione. La zittii con un gemito. Sì, le premesse non erano delle migliori, e con questo? I film venivano realizzati perlopiù in camere d’albergo o in abitazioni private. Non mi sembrava di aver percepito tanto degrado, attorno alle attrici che recitavano i loro ruoli di mistress e di slave. E di certo, un primo incontro conoscitivo non avrebbe necessitato né di grandi uffici, né di maestose location. Un piccolo studio in periferia sarebbe stato più che sufficiente per scambiare quattro chiacchiere e capire in cosa sarebbe consistito il mio lavoro.
Suonai il citofono. Nessuno mi rispose, ma dopo qualche secondo la serratura del portone scattò con un suono metallico.
Entrai e mi diressi alle scale. Salii al primo piano, e lì, ai piedi di una delle porte che si aprivano sul pianerottolo, intravidi ciò che ero venuta a cercare. Lo zerbino recava infatti il marchio della FetishBraz. Mi avvicinai con fare guardingo, inoltrandomi nell’opprimente penombra di quel tugurio maleodorante. Inaspettatamente, un attimo prima che potessi appoggiare la mano sull’uscio, quest’ultimo si aprì, emettendo un cigolio stridente.
La donna che si palesò oltre la soglia doveva avere non più di quarant’anni. La sua pelle magnificamente abbronzata e le sue curve prosperose mi suscitarono un brivido lungo la schiena. Era lei, la signora Soraya. Il suo volto mi era oltremodo familiare. Lo avevo già visto comparire in innumerevoli film della FetishBraz. Dunque il suo ruolo non si riduceva semplicemente a quello di coordinatrice del sito. Era anche una delle attrici di punta della compagnia! E che attrice! Soraya recitava spesso nei film più cruenti della produzione, quelli che vertevano su generi come il calpestamento e il pissing, e ricopriva costantemente il ruolo della dominatrice. Immaginai che non si sarebbe sorpresa troppo, se a quel punto mi fossi prostrata a baciarle i piedi.
La vidi aggiustarsi una ciocca di capelli e appoggiare un gomito contro la cornice di legno dell’uscio.
“Sì?”
“Buongiorno” dissi quasi con un bisbiglio. “Lei è la signora Soraya?”
“Sono io, e tu chi saresti?”
Presi coraggio e mi avvicinai di un passo. In realtà la sua domanda mi indispose un poco, poiché nell’ultima mail avevo scritto chiaramente che mi sarei presentata al suo studio quel giorno e quell’ora. Il fatto che non sospettasse lontanamente chi io fossi mi mise un po’ sul chi va là. Ciò nonostante, ormai ero lì, e non mi sarei mai azzardata a mandare tutto all’aria per uno stupido attacco di timidezza.
“Mi chiamo Nadia Gerini” dissi.
“Ah-ah.”
“Ci siamo scambiate alcune mail nei giorni passati. Sono la ragazza italiana che vorrebbe recitare nei video della FetishBraz, ricorda?”
“Oh, la schiava italiana” esclamò Soraya, con gli occhi che le brillavano come gemme di ossidiana. “Sì, sì, adesso ricordo. Vieni, entra.”
Mi fece cenno di seguirla nell’appartamento e, non appena ebbi messo piede oltre la soglia, chiuse la porta dietro di me.
“Ci hai trovato facilmente?” domandò la signora.
“Benissimo. Devo dire che non vedevo l’ora di conoscerla.”
Lei sorrise. “Sei impaziente di cominciare, eh?”
“Be’, non posso negarlo” ammisi.
“Sai, la tua lettera mi ha incuriosita parecchio. Abbiamo decine di ragazze che lavorano per noi, ma in genere il ruolo per cui tutte fanno richiesta è quello di mistress. Tu, invece, vorresti ricoprire la parte di slave, se ho capito bene.”
“È così.”
“E vieni dall’Italia, giusto?”
“Dalla Toscana.”
Soraya mi rivolse uno sguardo perplesso.
“La Toscana si trova in Italia” mi affrettai a rispondere.
Nel frattempo eravamo giunte nell’ufficio della FetishBraz. Si trattava di una stanza piccola e arredata spartanamente, con una pesante scrivania di legno collocata nel bel mezzo della sala e una mezza dozzina di armadietti metallici addossati alle pareti. Gli scaffali di questi ultimi erano ingombri di cassette vhs, cd-rom, sacchetti di plastica dal contenuto indefinibile, telecamere digitali e riviste di sadomasochismo.
Soraya sedette sulla sua sedia da ufficio e mi fece cenno di accomodarmi a mia volta.
“Lascia che te lo chieda. Davvero sei venuta fin qui dall’Italia al solo scopo di recitare nei nostri film?”
Risposi senza riflettere. “Sì.”
“Perché tanto interesse?”
“Perché sono una schiava.”
“Sì, ho capito che vorresti quel ruolo, e per quel che mi riguarda non ho alcun problema a dartelo, ma…”
“No, non mi sono spiegata” dissi. “Io sono una schiava. Lo sono sempre. Anche al di là della finzione cinematografica.”
Sul volto della signora Soraya vidi comparire un’ombra di sorpresa. “Dici davvero?”
“Certamente.”
“Okay, allora mettiamo che io ti ordini di baciarmi le infradito.”
Sollevò le gambe sulla scrivania e mi piazzò entrambi i piedi a pochi centimetri dal mento. Calzava ancora le sue ciabattine, che erano consunte dall’uso e molto impolverate. “Tu cosa faresti?”
Deglutii un grumo di saliva amara. Mi sembrava di avere già in bocca il sapore di quelle suole deformate e nerastre, e per un attimo provai il desiderio di chinarmi su di esse e leccarle di mia iniziativa.
“Lo faresti davvero?”
“Senza alcuna esitazione” affermai. “Vuole che lo faccia adesso?”
Lei sorrise divertita, sollevò un piede e con la suola dell’infradito andò a strofinare la punta del mio naso.
“Più tardi ti metterò alla prova. Prima, però, vediamo di sbrigare le formalità burocratiche, okay?”
“Come desidera, signora Soraya.”
“Iniziamo da ciò che sai fare. Hai già avuto esperienze in questo campo?”
“Come schiava o come attrice di film feticisti?”
“La seconda, ovviamente.”
“No, nessuna esperienza. Mi auguro che questo non pregiudichi la mia candidatura.”
“Puoi tranquillizzarti. Nella nostra professione non sono richieste particolari doti recitative. L’importante è che tu non ci faccia perdere tempo.”
“Oh, non sono qui per questo.”
“Te lo dico perché è meglio mettere le cose in chiaro fin da subito. La FetishBraz realizza una decina di film alla settimana, ossia un paio di film al giorno, riprese e montaggio inclusi. Non è uno sforzo da poco. Purtroppo capita che molte ragazze in cerca di soldi facili si propongano per partecipare ai nostri video, salvo poi tirarsi indietro all’ultimo momento quando le si fa notare che le nostre attrici recitano tutte a volto scoperto.”
“Per me non ci sono problemi” risposi.
Mentre la signora Soraya iniziava a illustrarmi il modus operandi della compagnia, dalle sue bellissime estremità iniziò a salire una leggera fragranza di ciabatte vecchie e sudore. Mi piaceva, quell’odore, e suppongo che lei ne fosse perfettamente consapevole. Chissà, può anche darsi che la posizione che aveva assunta non fosse affatto casuale. Nessuna ragazza normale avrebbe accettato di sostenere una conversazione articolata con una donna intenta a sventolarle i piedi davanti al volto.
“Hai detto di aver già preso visione di alcune delle nostre uscite, dico bene?”
“Oh, sì, ne ho viste a decine” risposi.
“Perciò immagino che conoscerai già le pratiche a cui vengono sottoposte le nostre slave.”
“Sì, certo.”
“Ce n’è qualcuna che non ti senti assolutamente in grado di sopportare?”
“Non saprei. Così a caldo direi nessuna.”
“Uhm, vediamo…sai cos’è il farting?”
“Sì.”
“Vorresti provare?”
Annuii.
“Conosci anche il pony playing?”
“Farmi cavalcare da una delle vostre Dee? Oh, non lo definirei proprio un sacrificio. Al contrario, per me sarebbe un sogno che si realizza.”
“E se l’amazzone in questione fosse molto più pesante di te?”
“Nessun problema.”
“Immagino che questo valga anche per il calpestamento, allora.”
“Il trampling è la mia pratica preferita.”
“Tieni conto che le nostre schiave vengono calpestate non solo a piedi nudi, ma anche con scarpe dai tacchi alti e anfibi pesanti.”
“Per me sarebbe un privilegio portare sulla pelle i segni dei tacchi e delle suole delle vostre dominatrici” dissi.
“Ma che brava. Saresti anche in grado di leccare i piedi sporchi?”
“Credo di sì.”
“Credi?”
“Si riferisce ai video della categoria dirty feet?”
“Esatto.”
“Immagino che nei vostri film adoperiate polvere di cacao o roba simile, per insozzare i piedi delle mistress.”
“Cacao?!” Soraya mi fissò divertita. “Oh, ma noi non usiamo nessun artificio, te lo posso garantire. Solo cenere di sigaretta e terra di campo.”
“Ah.”
“Capisci, adesso, per quale motivo ti ho detto che molte ragazze scappano via non appena scoprono in cosa consiste il nostro lavoro?”
“Non è il mio caso.”
“Davvero?”
“Non ho percorso ventimila chilometri solamente per tirarmi indietro alla prima difficoltà.”
“Sembri convinta.”
“Mi metta alla prova” risposi. Indicai le sue ciabatte lerce con un rispettoso cenno del capo e dissi “Se leccherò le sue infradito mi accetterà nella sua produzione?”
La signora Soraya sembrò pensarci un po’ su, infine annuì sorridendo.
“Va bene, datti da fare” disse.
Ecco, ero giunta là dove mi ero prefissata di arrivare. La mia storia di schiava poteva avere finalmente considerarsi iniziata. Perché sono sicura che la donna accomodata al di là della scrivania non pretendesse un lavoro di fino sulle sue infradito. No, a lei bastava semplicemente la dimostrazione che sarei stata in grado di svolgere correttamente il mio ruolo di leccapiedi nei video in cui sarei andata a recitare. Ma io avevo atteso quel momento da non so più quanti anni, e la prova alla quale mi stava sottoponendo sarebbe stata tutt’altro che un sacrificio.
Mi inchinai davanti al tavolo e accostai le labbra alle suole delle ciabatte. Erano davvero sporche. La signora doveva averle utilizzate per camminare non solo in ufficio, ma anche all’esterno della palazzina. Probabilmente, quelle suole in passato avevano calpestato cicche di sigarette, gomme da masticare e chissà cos’altro. E lei era lì, rilassata e tranquilla come una vera padrona che si godeva lo spettacolo di una ragazzina con meno della metà dei suoi anni mentre quest’ultima le leccava lo sporco dalle calzature. Quel pensiero ebbe l’effetto di un colpo di frusta sui miei sensi. Sentii che la mia anima di schiava emergeva prepotentemente alla luce. Dischiusi le labbra e iniziai a disseminare di bacetti il bordo delle suole e i laccetti che correvano attorno alle dita dei piedi di Soraya. Lei si accomodò meglio sulla poltrona e spostò leggermente le gambe, in modo da piazzarmi in faccia le suole.
“Lecca sotto” disse.
Non me lo feci ripetere due volte. Leccai le sue infradito sporche come se si trattasse di due gustosi gelati. Iniziai dai talloni e risalii su fino alle punte. La polvere che la mia lingua andava raccogliendo a ogni passata aveva un sapore stomachevole, ma io la deglutii come una brava schiavetta devota. Ciò, naturalmente, non passò inosservato neppure alla mia esaminatrice.
“E di tuo gusto, a quanto pare.”
“Sì, padrona Soraya.”
“Padrona?! Non ti ho mai detto di chiamarmi così.”
“Mi perdoni.”
“No, va bene. Tanto lo sapevi che prima o poi ti sarebbe capitato di strisciare ai miei piedi. Se sei davvero una così avida ammiratrice dei nostri video, mi avrai già vista dominare altre ragazze. Non è così, mia cara, piccola schiavetta italiana?”
Annuii.
“Su, continua a leccare le mie ciabattine.”
“Sì.”
“Sì cosa?”
“Sì, padrona.”
“Ecco, visto che ormai ci siamo presentate, inizia a rispettare il tuo ruolo” mi redarguì bonariamente la signora. “Lecca come si deve.”
Feci quanto mi aveva ordinato. A ogni lappata, il sapore che andava diffondendosi nel mio palato diveniva sempre più forte e sgradevole. Ben presto iniziò a suscitarmi qualche conato di vomito. Cercai di mantenere un contegno professionale e andai avanti fino a quando Soraya non mi fece cenno di fermarmi.
“Dai, basta. Per il momento credo sia sufficiente” disse. “Ho deciso che ti metterò alla prova già del prossimo film. Partiremo con qualcosa di semplice, non mi va di gettarti subito in pasto alle nostre dominatrici più sadiche. Che ne pensi dell’adorazione del culo? Ti piacerebbe leccare qualche bel buchino abbronzato?”
“Sì, padrona. Ne sarei entusiasta.”
“Quand’è così, fatti trovare oggi pomeriggio a quest’indirizzo. È un appartamentino che ho affittato qualche tempo fa per girare i nostri video senza dare nell’occhio.”
Scribacchiò il nome di una strada e un civico su un post-it giallo, e appiccicò il biglietto su un prestampato dagli orli anneriti.
“Questa è la bozza del contratto. Leggila attentamente e riportamela firmata oggi stesso. Per ogni video a cui parteciperai ti darò cinquanta dollari americani. Questo a meno che tu non voglia partecipare a un video scat. Quelli vengono pagati il doppio.”
“Scat?”
“Non sai cos’è?”
“Be’…”
“È il farsi defecare in bocca.”
“Esistono davvero ragazze disposte a mangiare la cacca?”
“Certamente, e nel caso te lo stessi chiedendo, per lo scat vale lo stesso discorso che ti ho fatto riguardo al leccare piedi sporchi. Nessun trucco e nessun imbroglio. Vatti a guardare qualcuno dei nostri film sull’argomento. Quella che vedi ingoiare dalle nostre ragazze è autentica merda.”
“Non credo che sarei in grado di farmi fare una cosa del genere.”
“Forse non ancora, ma tu mi sembri una schiavetta promettente” disse Soraya, rivolgendomi un sorriso diabolico. “Per il momento farai quello che puoi, e chissà che un giorno i tuoi gusti non evolvano in qualcosa di più sofisticato.”
 
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