Facciamo l'amore, dalla rete

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<Jocker>
view post Posted on 30/12/2012, 23:42     +1   -1




Il sole stava salendo oltre i profili dei palazzi. Dalla piccola finestra della mansarda filtravano le prime luci del mattino. La candela alla vaniglia che Leana aveva acceso quando erano arrivati si stava esaurendo. Solo il vecchio trentatré riempiva il silenzio che era sceso nella camera da letto. Era una registrazione della calda voce di Patti Pravo che interpretava successi degli anni settanta.
Il braccio di Fabrizio le circondava la vita e nonostante tutto le pareva quello di un estraneo.
Leana scese dal letto senza guardarlo, nuda, e uscendo dalla stanza sussurrò:
“Vado a fare la pipì.”
Sentiva la pancia gonfia e il sesso colarle di umori. Le faceva anche un po’ male.
Non aveva ancora finito il trasloco nella sua nuova mansarda, dovevano terminare i lavori, mancavano le porte e l’ambiente pareva essere unico, si provava una sensazione di libertà in quell’appartamento.
Leana compiva gesti consueti istintivamente ma la mente frugava alla ricerca di una risposta.
Nel silenzio il rumore dell’urina che cadeva in picchiata sembrava riempire la stanza arredata con mobili provenienti dai precedenti traslochi.
In quel bagno c’era la storia della sua famiglia. Il tavolino in legno scuro sul quale aveva messo specchio e belletti era appartenuto alla nonna materna: da quel tavolino, nonna Ebe, aveva scritto gli inviti al suo matrimonio, al battesimo dei quattro figli e i ringraziamenti per la partecipazione al funerale del marito scomparso prematuramente.
Il centrino fatto all’uncinetto era il primo lavoretto compiuto da sua sorella al catechismo dalle suore.
Le essenze provenivano da un bellissimo viaggio in Egitto.
“Posso guardarti?”
Fabrizio si era affacciato sulla porta del bagno e la osservava seduta sul water, appoggiato allo stipite inesistente.
Leana lo fissò dritto negli occhi: era la prima volta, se si escludevano i genitori e la sorella, che qualcuno presenziava ad un gesto così personale.
Era una cosa molto intima quella che stava compiendo, ancora più intima di fare sesso.
Lo percepì nell’istante in cui Fabrizio andò verso di lei, si chinò e le diede un bacio appassionato sulle labbra. Gli mise una mano al centro del petto nudo ed emise un gemito di puro piacere. Non tutto era perduto.
Poi Fabrizio si staccò, aprì i rubinetti del bidè e abbassò la levetta del tappo.
Leana strappò un pezzo di carta igienica e si pulì per bene, premette il pulsante dello sciacquone, e si sedette sul bidè fumante.
Prese dalla console che le stava di fronte il sapone intimo ma Fabrizio glielo tolse di mano e ne spalmò un poco sul suo sesso ancora denso di umori. La insaponò creando una soffice schiuma bianca mentre un gradevole profumo di mentolo penetrava nelle narici. Non la stava lavando in verità, la stava proprio masturbando, le sfregava il clitoride ancora turgido, interrotto per non aver raggiunto l’orgasmo, la penetrava sia davanti sia di dietro con le dita. A fondo.
Una sensazione di frescura le stava pervadendo dentro, era la reazione del mentolo, ma l’eccitazione la stava sciogliendo come il cioccolato fuso col gelato alla crema.
Leana appoggiò la schiena al petto di Fabrizio che continuava a lavarla e percepì il membro dell’uomo farsi duro contro la sua nuca. Si sentiva una bambina fra le braccia del premuroso papà, ma anche una amante vezzeggiata oltre ogni dire.



Si erano conosciuti ad una cena di amici in un ristorante che una volta alla settimana proponeva cene a tema. Quella era la volta di pietanze che richiamavano i piatti contadini di una volta. Era intitolata “l’arte di arrangiarsi”.
Era stata invitata da un ex compagno di scuola e casualmente si era trovata a sedere accanto a Fabrizio. Lui le aveva subito fatto i complimenti per il sorriso, quello delle labbra ma soprattutto per quello dei suoi occhi.

Il menù prevedeva salumi, salse e verdure sott’aceto, polenta e lardo pestato, frittata di cipolle, aringhe affumicate, gnocchi con ragù di funghi saltati in padella, peperonata con le patate, cotiche in umido coi fagioli, merluzzo fritto, radicchi di campo conditi col grasso di maiale, frittata con l’aceto, ciambella, sugo d’uva e caffè di cicoria.
Una cena lunga e molto coreografica dove ogni piatto veniva presentato con la propria storia e il proprio perché.

Leana e Fabrizio avevano iniziato a parlare di interessi, di conoscenze in comune, in effetti ne avevano alcune, mentre le candele illuminavano blandamente la tavolata e le caraffe di vino cavato dalle botti scorreva a fiumi. Adoravano la musica e avevano entrambi una collezione infinita di vinile, musicassette e compact disc. Fabrizio prediligeva il jazz, Leana i cantautori e le voci di donne.
Alla fine della serata si erano scambiati i numeri di telefono.
Entrambi avevano relazioni in corso, lui faceva l’amante, cioè accorreva in letti di donne sposate non appena queste gli davano via libera, lei viveva in rapporto tormentato con un uomo che la amava ma che non era ricambiato adeguatamente e questo la faceva stare male.
La sera dopo Fabrizio l’aveva chiamata e lei si era confidata con lui proprio a proposito di questo malessere.
“Lo guardo negli occhi - gli aveva detto - e capisco di essere la cosa più importante della sua vita. Non oso pensare cosa accadrà quando mi innamorerò davvero e lo lascerò.”
“Perché aspetti quel momento? Se sai di stare male tu e che starà male anche lui, perché non prendere una decisione ora?” Fabrizio sembrava piuttosto contrariato da questo comportamento.
“Hai paura di rimanere sola forse?”
Non aveva risposto Leana, aveva accampato una scusa sul dover andare a fare chissà cosa e messo fine alla conversazione.
Fabrizio non si era arreso, l’aveva chiamata il giorno dopo e quello dopo ancora, facendola parlare e mettendola, con impensabile abilità, di fronte ai suoi problemi.
Erano diventati amici e si erano promessi di non finire mai a letto insieme, il loro rapporto sarebbe inevitabilmente cambiato.

Una sera poi erano usciti di nuovo a cena. Pesce di fiume, vino bianco e musica.
Il giorno dopo avevano pranzato insieme in un bar del centro. Pizza, birra alla spina e nuove confidenze.
Quello dopo ancora erano andati a fare shopping in un centro commerciale. Fabrizio aveva voluto ad ogni costo regalarle un paio di scarpe. L’aveva attirata nel negozio per fargliele provare tutte fino a quando aveva deciso per un paio di sandali semplici e col tacco vertiginoso.
Quello seguente Fabrizio aveva accompagnato Leana a comprare un computer nuovo poi erano andati a mangiare un gelato e a fare una passeggiata al parco delle terme. Avevano riso facendo carezze ad un cucciolo di cane che giocava vicino alla panchina sulla quale si erano accomodati.
Ogni incontro era uno scoprirsi un po’ di più, mettersi a nudo. Non era facile trovare la persona con cui poterlo fare. Loro si erano trovati. Nonostante tutto a Leana sembrava di camminare su un argine: con l’acqua da una parte e uno strapiombo dall’altra.

Quella sera erano andati ad una rappresentazione del Trovatore di Giuseppe Verdi.
Uscendo da teatro si erano fermati in una enoteca a cenare, avevano apprezzato molto un Pinot Nero dei Colli piacentini col quale avevano irrorato tutte le pietanze. Il vino era scivolato giù bene in gola, soprattutto quella di Fabrizio e in un batter d’occhio erano arrivate le tre del mattino.
“Chi del gitano i giorni abella, chi chi i giorni abella, chi del gitano i giorni abella, la zingarella” avevano cantato a scuarciagola nel tragitto fino al parcheggio.
“Vedo due auto qua davanti quale è la mia Lea?”
Lei l’aveva guardato un po’ di traverso. Di auto ce n’era una sola.
Era salita alla guida e lo aveva portato a casa sua. Lo aveva preso per mano per aiutarlo a raggiungere il quarto piano, quello della mansarda in cui si era trasferita da poco.
Mancavano ancora un paio di porte, alcuni lampadari e il divano del salotto. Ubriaco, avrebbe dovuto dormire nel letto con lei.
Aveva spedito Fabrizio in bagno mentre gli preparava un po’ di caffè, poi lo aveva messo a letto con indosso solo i boxer.
Finalmente era arrivato il suo turno per il bagno. Si era concessa una lunga doccia calda e tonificante per cercare di scrollarsi di dosso la nebbia che le aveva avvolto le emozioni quella sera non solo a causa del vino.
Aveva un uomo quasi nudo nel suo letto, un uomo che le piaceva per come le era diventato amico, un uomo dolcissimo che la faceva sentire bella ma che non le aveva mai dimostrato di vederla come un potenziale oggetto sessuale. Eppure lei scoppiava dalla voglia di averlo. Aveva cincischiato ancora in bagno ripulendo per bene la doccia e riordinando il settimanale nel quale teneva gli asciugamani. Quel mobile era stato un dono di nozze ai suoi genitori ed era diventato suo proprio in occasione del trasloco. Dava un tocco di calore al bagno e riempiva giusto giusto una rientranza del muro. In quel settimanale era stato custodito a lungo il corredo di sua madre. Le erano rimaste un paio di salviette in lino cucite a mano che avevano quasi mezzo secolo di vita. Le bastava toccarle per pensare ai suoi cari. Ma il pensare ai suoi cari la riportava inevitabilmente alla sua solitudine.

Si era infilata nel letto mentre il campanile della cattedrale batteva le cinque. Era stata bene attenta e non sfiorarlo: pareva dormire tranquillamente. Si era distesa sul fianco destro e aveva chiuso gli occhi.
Un minuto, un’ora, non sapeva quanto tempo era passato prima di sentire la mano di Fabrizio che correva al gancio del suo reggiseno e glielo slacciava lentamente. Aveva percepito il calore del corpo nudo dietro di lei nonostante non si stessero toccando.
“Non è giusto”.
La mente di Leana non faceva che ripetere quella frase mentre il suo corpo bramava sotto le carezze e voleva disperatamente il contatto.
Non era giusto anche se il motivo non lo sapeva nemmeno lei. Non ricordava bene cosa avesse fatto il suo corpo tanto la sua mente era impegnata a pensare e pensare... Ma era una donna sotto l’incantesimo di un uomo che sapeva dove mettere le mani.
Fabrizio la stava cercando, l’aveva fatta girare sulla schiena e si era steso sopra di lei fra le sue gambe aperte. Non era stato per niente difficile scivolarle dentro, era umida e calda, e aveva preso a spingere a fondo con colpi possenti e ravvicinati. Ad ogni affondo un grugnito. I suoi baci, al contrario, erano lievi. Le aveva baciato gli occhi, le labbra, la fronte, le guance. L’aveva fatta voltare più volte in una miriade di posizioni per cercare di aumentare la penetrazione. Il sesso di Leana colava e Fabrizio aveva spinto, spinto e spinto ancora quasi con rabbia. Non c’erano parole. Il piacere era lì, bastava allungare una mano per raggiungerlo, ma nessuno dei due faceva la prima mossa.
Poi Fabrizio era uscito da lei e si era sdraiato, grondante sudore, al suo fianco col membro che si ammosciava sul ventre.
“Non capisco. Se non volevi bastava dirlo. Spiegami Lea. Il tuo corpo trasmette una cosa e ti tuoi occhi un’altra.” Non erano accuse solo dati di fatto.
Leana non aveva detto nulla. Aveva sentito freddo e gli si era accoccolata contro addormentandosi di botto.


La risciacquò, la asciugò e la portò a letto. Si distese al suo fianco e la sfiorò con le dita a lungo.
Fabrizio prese la mano di Leana e se la posò sul petto.
“Toccami” le disse.
Si esplorarono con calma risvegliando uno ad uno tutti i sensi. Il sesso di Fabrizio diventò duro senza nemmeno venire sfiorato, Leana si bagnò. Il sole ora splendeva alto in cielo, la stanza era inondata di luce.
Si baciarono, si leccarono, si assaggiarono.
Erano curiosi di conoscere i punti sensibili del partner e di soddisfarlo.
Fabrizio le allargò le grandi labbra con le dita, le cercò il clitoride con la lingua e lo succhiò come un dolce cioccolatino ripieno di liquore. La barba non fatta da quarantotto ore strideva ad ogni colpo contro i peli del pube di Leana.
Le sussurrava quanto fosse gustosa e bella. La fece godere con la lingua e si beò dell’urlo di piacere che uscì dalle labbra della donna.
Le ci vollero parecchi minuti per calmare i battiti impazziti del suo cuore.
Nel frattempo carezzò il sesso di Fabrizio con un movimento sinuoso e regolare, gli massaggiò i testicoli e la lunga asta turgida. Era eccitato al parossismo e non aspettava altro che le sue labbra morbide e la cavità della sua bocca. Lo assaporò tutto aiutandosi con la mano, succhiando mentre risollevava la testa e leccando quando discendeva su di lui. Sentì lo sperma invaderle la bocca, aveva un sapore dolciastro, ad ogni contrazione inghiottì il piacere di Fabrizio, fino a quando non ne rimase nemmeno una gocciolina. Leana posò il capo sulla coscia dell’uomo e lo guardò a lungo negli occhi ancora annebbiati di piacere.
“Ieri sera non ero per niente ubriaco. Non sapevo come fare. Ti voglio. Ti ho voluto dal primo momento. Se non fossimo sempre stati in mezzo alla gente avrei provato a baciarti prima. Volevo infilare una mano sotto la tovaglia e posarla sul tuo ginocchio. Non so cosa mi hai fatto forse un incantesimo. Mi hai rapito. Sei una strega dai capelli rossi Lea.”
Si abbracciarono forte e allacciarono le loro lingue. Stavano imparando a conoscere il sapore dell’altro ad apprezzarlo e sentirne la mancanza.
“Ho voglia di fare l’amore con te Fabrizio” sussurrò appena Leana.
Cosa fosse cambiato quella notte era difficile spiegarlo...
“E allora facciamo l’amore.”
Entrò in lei lentamente per percepire ogni piccola sensazione di completezza, Leana lo avvolse con le gambe e le allacciò dietro alla sua schiena. Eppure non era una trappola, ma solo bisogno di contatto.
Si guardarono, si videro, si ascoltarono, si sentirono.
 
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