Incontro a domicilio, dal web

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<Jocker>
view post Posted on 14/6/2012, 22:29     +1   -1




Una giornata come tante, forse leggermente calda, per essere i primi giorni di aprile, ma Marta non si lamentava: a lei il caldo piaceva e sentire il calore del sole sulla pelle sarebbe stato molto piacevole. Oltretutto, quel giorno aveva in programma solo un pranzo con una collega che insegnava nel liceo vicino a casa; ma l’appuntamento era verso le 13 ed aveva tutta la mattinata per sistemare alcune cose per il giorno seguente come controllare il compito di latino che avrebbe fatto svolgere alla sua ultima classe del liceo classico. Era un compito importante, perché mancavano poche settimane alla maturità e c’era già tensione nell’aria.
Marta aveva 30 anni, era alta, magra, con la pelle molto chiara e con un seno piccolo ma con capezzoli eccezionalmente lunghi, al punto che spesso si notavano sotto camicie e maglioni. Aveva gambe stupende e piedi nella media ma con le calze erano una vera perla.
Si alzò con calma, fece colazione e si vestì senza badare troppo all’eleganza: una gonna al ginocchio ed una camicia piuttosto ampia. Non indossava reggiseno e portava solo un tanga e calze autoreggenti. Girava per casa scalza: era sola e il pavimento, di legno, era dolcemente tiepido. Si sedette al tavolo e incominciò a controllare il testo della versione: era un Cicerone abbastanza complesso, ma i suoi ragazzi erano pronti e non avrebbero avuto difficoltà a svolgerla.
Stava terminando la seconda frase quando incominciò a sentirsi strana. Il pensiero volava alla sera precedente, a suo marito. Avevano cenato a lume di candela, nudi, pronti per un dopocena ardente. Lui, seduto sotto il tavolo, aveva preso il cibo dai suoi piedi, come facevano quando lei decideva che voleva dominarlo. Avevano acquistato insieme, alcuni mesi prima, una ciotola per cani, e lei aveva sistemato la cena lì dentro. Lui, appena era tornato, aveva capito le intenzioni della moglie, si era spogliato ed era andato da lei con gli oggetti che indossava in quei momenti: un guinzaglio ed un tanga di cuoio che lo costringeva, impedendogli l’erezione; ma che gli procurava dolori fortissimi quando, incapace di trattenersi, si trovava con il cazzo che si inturgidiva.
Marta stava ripensando a lui, in ginocchio per terra, che prendeva il cibo dai suoi piedi, leccandoglieli. E lei, anch’essa nuda, che lo imboccava lentamente, e che ogni tanto gli spingeva la testa nella ciotola. Era una situazione che la eccitava moltissimo e, prima che finisse la cena, la sua figa era gocciolante di voglia e di umori. Ma lui non poteva nemmeno pensare di avvicinarla: doveva aspettare che lei avesse finito di giocare; e solo allora poteva baciarla, ma non poteva farla venire; e non poteva venire nemmeno lui. O sarebbero stati dolori. Era una situazione che vivevano spesso, in particolare dopo il matrimonio, che concedeva loro lunghi spazi di tempo senza rischi di interruzioni brusche, come succedeva quando erano fidanzati, e dovevano farlo a casa dei genitori di lui o di lei. Il solo pensare alla sera precedente aveva eccitato Marta al punto che non pensava proprio più al compito, e la sua mano era scesa sotto la gonna ad accarezzare la figa che palpitava.
Sapeva che doveva predisporre il lavoro per il giorno seguente e che non poteva distrarsi, ma quella mattina non era adatta per il lavoro. Qualcuno suonò alla porta. Non aspettava visite, per cui guardò fuori dallo spioncino della porta per vedere chi fosse. Se fosse stata una persona sgradita avrebbe lasciato suonare ed avrebbe continuato a lavorare. Non aveva voglia di chiacchierare. Non in quel momento.
Vide che alla porta c’era Luisa, la loro vicina di casa, da poco trasferitasi nel monolocale di fronte. Luisa era coetanea di Marta. Anche lei alta, ma con una pelle piuttosto scura e con un seno davvero notevole. Aveva dei piedi lunghi e affusolati, con unghie rosso fuoco. Dallo spioncino vide che indossava un accappatoio. Marta decise di aprire; forse Luisa aveva un problema.
“Scusa, disse Luisa, ma ho bisogno del tuo aiuto, se hai un minuto per me.” “Certo, cara, non temere.” Disse Marta.
“Potresti venire da me a dare un’occhiata all’impianto dell’acqua? Non riesco a capire cosa sia successo, ma, mentre facevo la doccia, sono stata inondata da un getto di acqua gelida e sono dovuta schizzare fuori per non congelare.”
“Vediamo”. Disse Marta, dirigendosi verso l’appartamento della vicina, ed uscendo senza preoccuparsi di mettersi un paio di ciabatte o altro ai piedi. Si diressero verso il bagno dove Luisa aprì la doccia per mostrare che l’acqua continuava a restare gelida, e poi in cucina, dove c’era lo scaldabagno e dove Marta controllò che tutto funzionasse. Prese una sedia e salì fino all’altezza dello scaldabagno
“Vedi? si è spenta la fiamma pilota e l’acqua non scalda. Succede. Puoi darmi un fiammifero?”
Luisa si scosse dal proprio torpore. E diede un fiammifero a Marta che la guardò con curiosità.
“Qualcosa non va?”
“Perché?”
“Niente, mi sembravi in catalessi.”
“Forse lo ero, scusa.”
“Niente, figurati. Hai visto qualcosa che ti ha colpito.”
“Posso dirtelo?”
“Certo.”
“Hai… dei piedi divini.”
“Lo pensi davvero?” Chiese Marta.
“Sì… davvero… sono… piedi stupendi.”
“Dimostralo, allora.”
Luisa si chinò e accarezzò i piedi della sua vicina di casa. Prima con un po’ di timidezza; poi sempre più con decisione e con impegno.
“Baciali!”
Era un ordine, e Luisa eseguì velocemente. Si pose in ginocchio davanti a Marta, pose la lingua sul dorso del piede della sua padrona e incominciò a leccare avidamente. Intanto aveva aperto la vestaglia e mostrava un seno con dei capezzoli scurissimi, duri ed erti che prese a sfiorare.
“Non ti ho dato il permesso di farlo, disse Marta, non devi toccarti i capezzoli. Continua a baciare i piedi della tua Padrona.”
“Sì, padrona.” Disse Luisa continuano a baciare e leccare i piedi di Marta.
“Però puoi spogliarti.” Disse Marta guardando con un certo desiderio la sua vicina di casa. Che incominciò a sfilarsi l’accappatoio fino a che non restò completamente nuda. Aveva un seno pieno e sodo, anche lei con capezzoli lunghi, ventre piatto ed un pelo pubico davvero notevole. Nero, ampio, che le ricopriva anche l’incavo delle gambe.
“Non ti depili mai?” Chiese Marta.
“No, non lo faccio, non mi piace.”
“Interessante.” Marta, intanto, si era seduta sulla sedia, aprendo le gambe e sollevando la gonna fino a mostrare il bordo delle autoreggenti e il tanga che ricopriva la sua figa, ma non certo il pelo che la circondava. Si scostò la camicia ed incominciò a toccarsi i capezzoli che erano esplosi ai colpi di lingua della sua vicina di casa. Intanto Luisa, continuava a baciare e leccare i piedi di Marta, faticando a non portare la mano alla sua figa che si vedeva palpitare. Aveva preso in mano i piedi, li massaggiava, li sfiorava con le dita dove non arrivava con la lingua e sentiva i gemiti che provocava con questi toccamenti.
“Sei bravissima, ma voglio qualcosa di più, disse Marta. Distenditi a terra, adesso.” Luisa eseguì l’ordine anche se il pavimento, in ceramica, non era certamente caldo e al primo contatto della sua schiena nuda con le mattonelle tutto il suo corpo rabbrividì. Aprì le gambe il più possibile come chiedendo un contatto, che Marta le concesse. Con un piede si avvicinò alla figa dell’amica e incominciò a masturbarla con l’alluce, introducendolo tra le grandi labbra, ma evitando accuratamente il clitoride. Con l’altro piede si avvicinò al seno e incominciò a sfiorare alternativamente i capezzoli turgidi e duri come dei piccoli chiodi.
“Adesso voglio che baci la figa della tua padrona.”
Luisa si spostò per raggiungere con le labbra la figa di Marta. Incominciò a baciarla con avidità e desiderio, infilando la lingua tra le labbra della sua padrona e sfiorando il clitoride che era già molto eccitato ed era molto grosso e duro. La sua figa colava umori ma non si azzardava a sfiorarsi senza un ordine preciso della sua padrona, che in piedi davanti a lei, mugolava il suo piacere ed allargava sempre di più le gambe inguainate in un paio di sottili calze con il rinforzo; un vero tocco di raffinata eleganza con il loro colore delicato alla sua pelle. Marta fece un passo indietro e allontanò la propria figa dalla bocca della sua schiava.
“Distenditi ancora a terra.” – ordinò. Luisa si distese e questa volta il pavimento le sembrò meno freddo. “Apri bene le gambe.”
Luisa eseguì spalancando le gambe il più possibile, per compiacere la sua signora. Che si appoggiò al muro ed alzando un piede lo diresse verso le labbra della sua schiava aprendole la figa e inserendo le dita con forza. “
Guarda che non devi godere, io sto solo giocando e voglio farlo a lungo.”
“Lo so, padrona, vi prego, fatemi soffrire.”
“Oh, non temere, lo farò.”
Sempre appoggiata al muro, Marta spostò anche l’altro piede e lo portò sui seni di Luisa rimanendo, così, appoggiata sulla figa e sui seni della sua schiava. Che la reggeva stringendo le labbra per non gridare. E per evitare di farsi trasportare troppo vicina al punto di non ritorno del piacere. Luisa aveva una buona resistenza, data dal fatto che non era nuova a questi esercizi. Nascostamente lesbica, aveva un’amica che frequentava spesso e che, a poco a poco, era diventata la sua padrona. Con lei aveva imparato a sopportare tutte le umiliazioni possibili, ed a goderne fino al punto di non poterne fare a meno e di richiederle espressamente.
La sua amica, Chiara, l’aveva guidata sulla via della sottomissione fisica e celebrale prendendo il via da lontano, da quando, per la prima volta, aveva visto in quella ragazza, che era sua compagna di università, una schiava disposta a tutto. L’aveva plasmata e cresciuta con pazienza fino ad annullarne la personalità ed a portarla alla dipendenza totale da lei. Ma adesso nella vita di Luisa si era inserita una nuova figura di padrona. Marta era scesa dal corpo di Luisa e si era posta a gambe aperte aspettando che la sua schiava si alzasse e incominciasse a baciarla. “Adesso ti permetto di baciarmi fino a farmi godere.”
“Grazie, padrona.” Disse Luisa alzando il busto e tuffandosi nella figa di Marta. Che incominciò a mugolare di piacere fino a giungere all’orgasmo che le fece tremare le gambe e che la costrinse ad appoggiarsi al muro.
“Sei stata grande, ma non è finita. Adesso voglio farti godere io. Stenditi a terra e apri bene le gambe.”
Luisa eseguì a Marta si posa in mezzo alle gambe della sua schiava e le insinuò prima le dita di un piede nella figa e poi spinse fino a vederlo entrare. Luisa mugolava: soffriva per la penetrazione che non aveva amai subito, non, almeno, in quel modo; ma godeva sentendosi allargare da un piede che la scavava fino in fondo. Dimenava i fianchi e, quando non riuscì più a resistere, esplose in un orgasmo che la fece urlare e chiudere le gambe. Marta la lasciò fare. Era la prima volta che la vedeva venire e le piacque. Aveva trova una persona in più con cui giocare. Quella sera, sua marito avrebbe avuto del filo da torcere.

 
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