IO SO CHE TU SAI CHE IO SO (Vogliose trasgressioni), di Farfallina

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<Jocker>
view post Posted on 19/11/2011, 15:21     +1   -1




Sono sposata con un uomo che amo. Lui e io ci siamo giurati eterno amore quindici anni fa davanti l'altare. All'epoca ero circondata da molti spasimanti, e non avrei avuto problemi a scegliere uno qualsiasi di quelli che mi giravano d'intorno, ma Paolo era diverso da tutti gli altri.
Quando nelle assemblee sindacali prendeva la parola la gente si zittiva per ascoltare le sue parole. Era dotato di una notevole capacità oratoria e di analisi politica, infatti, erano molte le donne che s'incantavamo nell'ascoltare le sue parole.
Gli occhiali da vista, con montatura di tartaruga, associati a spessi baffi pendenti sul labbro, gli conferivano un'aria da intellettuale. Mi innamorai subito di lui, anche se fisicamente non era granché.
La sua attività politica era intensa. Presi a seguirlo ovunque, giorno e notte. Gli impegni lo portavano a essere presente in tutte le manifestazioni operaie e studentesche. Era sempre in prima fila nei cortei degli studenti e nel portare solidarietà agli operai delle fabbriche occupate.
Diventammo inseparabili, tant'é che molti dei nostri amici si convinsero che fra noi esistesse un legame che andava oltre una semplice amicizia, ma non era così. Paolo sembrava non decidersi a prendere l'iniziativa. Allora una sera fui io a prenderla per lui.
Una sera che eravamo andati a cena in compagnia di alcuni amici decisi che era giunto il momento di scoparmelo. A nessun costo mi sarei lasciata sfuggire l'occasione per farlo. Uscendo dal locale chiesi a Paolo di accompagnarmi a casa. Quando mi trovai in auto, sola insieme a lui, lo supplicai di condurmi a vedere un film porno in uno dei cinema a luci rosse della città.
Era mia intenzione suscitare in lui un forte desiderio sessuale, e la cosa migliore che potevo fare era di portarlo a vedere un film porno, dal momento che la sola mia presenza pareva non stimolarlo. Faticai non poco a convincerlo a entrare nel cinema, ma alla fine accettò di accompagnarmi.
Entrammo nella sala di soppiatto. Sullo schermo Moana Pozzi era impegnata a succhiare un cazzo di notevoli dimensioni. Furono necessari alcuni minuti per abituarci alla semioscurità della sala.
Nella sala c'era soltanto una quindicina di persone, perlopiù coppiette e uomini anziani. Quando prendemmo posto sulle poltrone a metà sala, sullo schermo una ragazza asiatica e un'altra dalla pelle nera stavano carezzandosi le tette. Le immagini lesbo del film e la presenza di Paolo accanto a me contribuirono ad accrescere il mio stato di d'eccitazione.
Un altro uomo, al posto di Paolo, avrebbe intuito quanto ero disponibile nei suoi confronti. Lui no. Già in altre occasioni gli avevo manifestato ciò che provavo per lui, mai però in maniera così sfacciata.
Rimasi a lungo in attesa di un suo gesto, anche di una semplice carezza. Mi sarei accontentata di uno sguardo ammiccante o di un semplice bacio sulla bocca. Paolo invece sembrò non accorgersi della mia presenza, seguitò a guardare le immagini porno che si alternavano sullo schermo senza staccare gli occhi dal film.
Se non avessi preso l'iniziativa, approfittando di quell'occasione, sarebbe passato non so quanto tempo prima che si dichiarasse.
Quando l'attrice protagonista sullo schermo, una mora dalle tette siliconate, slacciò la cinghia dei pantaloni del partner la imitai e feci scivolare la mano sui pantaloni di Paolo. Prima che potesse reagire fui svelta ad abbassargli la cerniera della patta e infilare con la mano nella stretta apertura.
Diedi a intendere di seguire le immagini del film mentre in realtà badavo soltanto a stringere l'uccello che, con mia grande meraviglia, non era granché duro. La mia fica al contrario era bagnata fradicia. Paolo si girò verso di me ed ebbe a dire...
- Ma che fai? Sei matta?
Non ero matta, ero stufa della sua timidezza. Desideravo il suo cazzo più di ogni altra cosa al mondo. Paolo si lasciò scivolare in avanti sulla poltrona e si abbandonò al ritmo della mia mano. E l'uccello prese vigore.
Entrambi dissimulammo quello che stava succedendo fra di noi fingendo d'essere interessati al film che proseguiva a essere proiettato sullo schermo. In verità, una cosa la fece, allargò le cosce: probabilmente per non sporcarsi gli abiti di sperma. Quando la sborrata si rivelò imminente abbassai il capo fra le sue cosce e ingoiai la cappella fra le labbra.
Ne aveva di sperma nel serbatoio! Sono sempre stata golosa di quel liquido, mi delizia il sapore di sperma e prima d'ingoiare il suo in altre occasioni non avevo mancato d'inghiottirlo.
Impiegai parecchi secondi per riprendermi. Ripulii la cappella tutt'intorno, con la lingua, e riposi l'uccello dentro i pantaloni, dopodiché richiusi la cerniera.
La nostra storia ha avuto inizio quella sera, sulle poltrone di un cinema a luci rosse. Rotto il ghiaccio con quell'ingoio, il nostro rapporto proseguì senza scosse, o almeno così mi è sempre parso.
Paolo, in effetti, non si è mai dimostrato un grande amante. Nei rapporti di sesso sono sempre stata io a prendere l'iniziativa. Anzi, con l'andare del tempo si è fatto sempre meno passionale e poco propenso a fare l'amore. Fosse dipeso da lui non l'avremmo mai fatto. Ogni volta aveva una scusa pronta per non scopare.
A letto era un tradizionalista, lo faceva nella posizione del missionario, senza trasporto, in modo freddo. Da parte mia invece mi eccitavo e godevo nel succhiargli le palle, l'uccello e il buco del culo. Sarei stata disponibile a quanto di più strano mi avesse proposto pur di sentirlo soddisfatto.
In tanti anni non mi ha mai leccato la fica e nemmeno infilato il cazzo nel culo. Eppure sono stata bene in sua compagnia, almeno fino a sei mesi fa, quando ho scoperto la verità. Forse l'ho sempre saputa, ma non ho mai voluto confessarla a me stessa, rimuovendo dalla mente anche il minimo sospetto.
Un pomeriggio, mentre ero in cucina intenta a stirare una camicia, Paolo m'informò che stava per uscire da casa per recarsi all'ipermercato, intenzionato a comperare una cartuccia d'inchiostro per la stampante del computer.
La giornata era uggiosa. Da poco aveva terminato di piovere. Prese l'ombrello, indossò l'impermeabile e uscì da casa. Lasciai trascorrere pochi istanti, infilai un giubbotto antivento e gli andai dietro in bicicletta, standogli a debita distanza per non farmi scoprire. L'ipermercato Coop dista solo una decina di minuti dalla nostra abitazione, la si raggiunge facilmente a piedi, attraversando i giardini pubblici.
Pedinai mio marito standogli a debita distanza, senza farmene accorgere. Stranamente non prese la direzione più breve, attraversò il viale centrale del parco e s'incamminò per un sentiero sterrato fra le piante della fitta boscaglia. Continuai a seguirlo trascinandomi appresso la bicicletta, nascondendomi alla sua vista dietro gli alberi e le siepi. All'improvviso, nello stesso sentiero, comparve un uomo molto più giovane di mio marito. Entrambi rallentarono il passo lanciandosi una breve occhiata nell'istante in cui transitarono uno accanto all'altro. Fatti alcuni passi girarono il capo all'indietro osservandosi a vicenda per qualche istante. Mio marito tolse da una tasca l'accendino, tornò indietro di alcuni passi e accese la sigaretta che pendeva dalle labbra del ragazzo, dopodiché scambiò alcune parole con lui.
Il ragazzo uscì dal sentiero e s'inoltrò nella boscaglia, appoggiò la schiena contro il fusto di una grossa quercia e restò in attesa. Paolo lo seguì docile.
Quando gli fu vicino gli abbassò la patta dei pantaloni e gli prese in mano l'uccello. La scena fu talmente rapida e inaspettata che mi trovò impreparata. Rovinai in ginocchio sul prato, ammutolita e con un senso di disperazione nel cuore. Paolo iniziò a menare l'uccello dell'occasionale compagno in maniera convulsa restando in piedi davanti a lui. Dai suoi gesti s'intuiva che aveva fretta di terminare il lavoretto.
I movimenti rapidi della mano dovevano servire ad accelerare il piacere del compagno. Paolo, che con me non prendeva mai l'iniziativa, in quella situazione si dimostrò fin troppo intraprendente. Dopo poco s'inginocchiò ai piedi del ragazzo e ingoiò il cazzo nella bocca, come fa una baldracca.
Ci sapeva fare con la bocca. Non lo ingoiò tutto, il cazzo, pur agendo di fretta avvolgeva la cappella con le labbra e la succhiava come se fosse un sorbetto. Di tanto in tanto estraeva la punta della lingua e sfregava l'uretra.
Tenendo stretto l'uccello con le dita alla radice lo fece scivolare nella bocca, mentre con l'altra mano massaggiò le palle all'ospite. Di fronte a quella scena presi a piangere. Ero incredula, non poteva essere il mio Paolo la persona che stavo osservando. Lui era diverso, non avrebbe mai fatto simili sconcezze.
Il pompino fu abbastanza breve. Dopo pochi minuti il ragazzo sborrò in bocca a mio marito che subito dopo si rialzò. Il ragazzo, dopo avere riposto il cazzo nei pantaloni, si allontanò accennando a un saluto.
Non ricordo esattamente ciò che accadde, presa dalla rabbia e dallo sdegno mi rialzai, afferrai la bicicletta e m'incamminai per il sentiero dirigendomi verso casa. Nella fretta incespicai più volte sul terreno facendo un gran rumore. Non cercai nemmeno di nascondermi alla vista di Paolo. Mentre correvo in bicicletta continuai a piangere per tutto il tragitto verso casa.
Che comportamento avrei dovuto tenere? Dirgli che avevo visto tutto e che sapevo che era un finocchio? Oppure chiedergli una spiegazione? Ma quale? Era tutto troppo chiaro: Paolo era gay. Avevo fatto male a seguirlo ai giardini pubblici. Pensavo che avesse per amante una donna e non dei ragazzini.
.
Paolo tornò a casa dopo un'ora. Non aveva con sé le cartucce d'inchiostro, disse che aveva cambiato idea ed era andato a fare una passeggiata nel Parco Ducale. Non accennò all'accaduto e io seguitai a occuparmi delle faccende domestiche.
La cena si svolse in modo surreale, per tutta la sera non mi guardò negli occhi, eppure dietro le spesse lenti aveva uno sguardo che poche altre volte gli avevo visto, e che non potrò mai dimenticare. Era triste, ansioso, e al contempo sollevato. Doveva avermi visto ai giardini. Forse sperava che lo aiutassi a togliersi quell'enorme peso dallo stomaco, invece scambiai solo frasi convenzionali. Dopo cena guardammo un film in tivù, dopodiché ce ne andammo a dormire.

Sono trascorsi sei mesi da quel pomeriggio al parco. Paolo e io manteniamo la vita di prima, con la sola differenza che a letto non lo cerco più. A lui sta bene così, entrambi facciamo finta che non sia successo niente, anche se... io so che lui sa che io so.



 
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