NOVANTA CENTIMETRI, di Farfallina

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<Jocker>
view post Posted on 19/11/2011, 15:18     +1   -1




Sulla tastiera del cellulare digito il numero dell'ospedale. Pochi squilli e una voce femminile dà risposta all'altro capo del telefono.
- Ospedale... desidera?
- Mi scusi signorina, potrei avere notizie di un paziente di nome Giulio Ferrari? Si è procurato una lesione a una gamba durante una partita di pallone e vorrei sapere se è ricoverato nel reparto in ortopedia.
- Le passo il reparto, rimanga in linea.
Resto favorevolmente sorpreso dal tono della voce della centralinista, del tutto diversa da quella cantilenante delle telefoniste delle aziende con cui mantengo rapporti di lavoro. Assorto nei miei pensieri, e dalla musichetta della messa in attesa, sono riportato alla realtà da una voce maschile all'altro capo del telefono a cui rivolgo la medesima domanda che ho rivolto alla centralinista.
- Mi spiace, ma in questo reparto non abbiamo ricoverato nessun Giulio Ferrari, chieda alla centralinista di passarle il Pronto Soccorso, loro potranno esserle d'aiuto.
Digito ancora una volta il numero del centralino dell'ospedale. La voce femminile che mi dà risposta è la medesima con cui ho parlato poco prima.
- Ospedale...
- Signorina può verificare se il signor Giulio Ferrari è nella lista dei ricoverati? Poc'anzi ho parlato con un infermiere della clinica ortopedica che mi ha suggerito di verificare se è passato dal Pronto Soccorso.
- Se ha pazienza e rimane in linea mentre rispondo alle altre telefonate controllo sul terminale del computer dove è ricoverato.
- La ringrazio tantissimo. Rimango in linea.
La musichetta fa da sottofondo agli interminabili momenti d'attesa.
- Ho controllato. - interviene la centralinista. - La persona che lei sta cercando è già stata dimessa.
- Meglio così. - rispondo, impaziente di approfondire la conoscenza con chi sta all'altro capo del telefono.
- Mi scusi se insisto, ma volevo congratularmi con lei per il modo carino con cui svolge il lavoro. Non è cosa da poco, specie di questi tempi, incappare in persone gentili come lei. Mi farebbe piacere conoscerla di persona se ne avessi la possibilità. Perché non usciamo insieme stasera? Potremmo andare in pizzeria e poi in discoteca.
- Perché no. - risponde di getto, sorprendendomi non poco. - Cesso il servizio alle otto e mezza. Se passi a prendermi potremmo trascorrere una piacevole serata in compagnia.
- Alle otto e mezza sarò lì. A proposito... il mio nome è Fabio.
- Quando ti presenti alla portineria dell'ospedale devi dire che vieni da me. I custodi mi conoscono, tutte le sere c'è qualcuno che mi riporta a casa. Mi chiamo Milena, ma qui tutti mi chiamano Milly. Beh, ora ti saluto, ho un paio di telefonate in attesa, ciao! Ci vediamo stasera.
La telefonata s'interrompe. Non sto più nella pelle. Una giornata che pareva nata sotto dei cattivi auspici promette di concludersi con una nottata di sesso.
.
Alle 20.30 mi presento davanti alla portineria dell'ospedale alla guida del mio Bmw. I custodi mi indicano dove è ubicato il centralino. Percorro un breve viale e mi ritrovo davanti a un piccolo edificio. Sulla porta c'è piazzata una targa: "Azienda Ospedaliera Centrale Telefonica". Scendo dall'auto e mi precipito alla porta. Busso.
- Avanti, è aperto. - dà risposta una voce.
Giro la maniglia ed entro.
- Ciao! Ancora un minuto e sono pronta.
Ciò che i miei occhi vedono mi lascia impietrito. Davanti ho una ragazza di una trentina d'anni alta non più di novanta centimetri. Milly è una nana.
- Andiamo? Io sono pronta.
Scende dal seggiolino e mi viene incontro con l'intenzione di scambiare dei convenevoli baci sulle guance. Fletto le ginocchia e contraccambio il gesto.
Da com'era iniziata la giornata dovevo immaginarlo che sarebbe finita male. Che il personale addetto a questo tipo di attività fosse affetto da qualche menomazione fisica lo dovevo mettere in conto. Adesso dove la porto questa? Devo inventarmi una scusa plausibile e rinunciare a portarla in giro. Ora capisco perché c'è sempre qualcuno che la viene a prendere per accompagnarla a casa ogni sera. I suoi genitori, magari!
Milly mi prende per mano e insieme ci avviamo verso la macchina.
- Hai deciso dove andremo a mangiare la pizza? - mi chiede quando ha preso posto sul sedile della vettura.
- Veramente non ho molta fame, ma conosco un posto isolato in campagna dove preparano una ottima pizza.
- Perché non andiamo in qualche pizzeria del centro. Al "Cannone" ci vanno tutti i giovani della città. Andiamo lì, dai... e poi non ci sono mai stata.
D'improvviso mi sento crollare il mondo addosso. E' lì che il sabato sera sono soliti andare a cena molti dei miei amici. Ci farò una figura di merda se mi vedono in compagnia con questa tizia qui.
- Dai, metti in moto, abbiamo tutta la notte davanti a noi. - strilla appoggiandomi la mano sulla mia che tengo appiccicata al volante.
Raggiungiamo il centro della città in pochi minuti. Giro attorno l'isolato dove è situata la pizzeria e mi metto alla ricerca di un posto dove parcheggiare l'automobile. Lo trovo in un viottolo poco distante dal locale. A piedi, con Milly al fianco, m'incammino verso il ristorante. A chi ci guarda dobbiamo sembrare una coppia male assortita. Io alto un metro e ottanta, lei novanta centimetri.
La sua andatura è caracollante a causa delle gambe arcuate e i tacchi alti. In compenso ha un viso dolcissimo. Dal modo in cui parla sembra dotata di una intelligenza fuori dal comune.
La conversazione a tavola non languisce, soprattutto per merito suo. Per quanto mi riguarda non desidero altro che la giornata termini al più presto.
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La serata in pizzeria trascorre in modo piacevole, per fortuna nessuno dei miei amici è presente nel locale. Beati loro! Sicuramente avranno trovato qualcosa di meglio da fare piuttosto che trascorrere la serata in compagnia di una nana.
- Ora che abbiamo terminato di cenare perché non andiamo a fare quattro salti in discoteca?
Il vino bianco che sto sorseggiando mi va di traverso. Emetto alcuni colpi di tosse prima di risponderle, ma lei insiste.
- Sì, dai, andiamo a "L'Altro Mondo", c'è sempre un casino di gente lì. - afferma sorridendo.
- Ma... veramente è tardi.
- Tardi? Ma, sono appena le undici. Domani è domenica, avremo tutto il tempo necessario per riposare.
Non sono in grado di oppormi. Milly si avvia verso l'uscita del ristorante. Pago il conto e la raggiungo.

La discoteca è situata a pochi chilometri dalla città. Impieghiamo una ventina di minuti per arrivarci e altrettanti per trovare un posto dove parcheggiare l'autovettura. Una baraonda di ragazzi e ragazze da sfogo alla gioia di vivere muovendosi sulla pista da ballo al suono di una musica sudamericana. Il buio e la confusione mi sono di aiuto e mi consentono di nascondermi alla vista di eventuali conoscenti. Milly è scatenata. Non vuole saperne di stare seduta al tavolino e ascoltare la musica. Afferra la mia mano e mi trascina sulla pista da ballo.
.
Sono le tre di notte quando usciamo dal locale.
- Ora ti porto a casa. - le dico.
- Si, grazie, non dimenticherò mai questa serata, è stata molto importante per me.
Il tragitto sulla strada di ritorno sembra più corto di quello dell'andata.
- Ecco, abito lì. - dice, quando raggiungo Via De Gasperi. - Parcheggia all'ombra di quei platani.
A quest'ora della notte non c'è anima viva in giro. Qualche rara autovettura transita per la via e scuote il silenzio di una città semiaddormentata.
- Questa sera mi hai fatto il regalo più bello della vita. Vorrei ricambiare in qualche modo la tua cortesia.
Per nulla imbarazzata si libera della gonna e subito dopo della camicetta. Senza che possa fermarla s'inginocchia sotto il volante e prende posto fra le mie gambe. Colto di sorpresa non so che fare. Lei è più veloce del mio stupore, abbassa la lampo dei miei pantaloni ed estrae l'uccello.
Le sue piccole mani iniziarono a masturbarmi.
- No! Ma cosa fai, cosa ti viene in mente. - dico, cercando di allontanarla.
- Ti voglio far godere! E' l'unica maniera che conosco per ringraziarti.
Le sapienti movenze delle sue dita inturgidiscono il cazzo che si erge diritto fra le mie cosce. Non oppongo alcuna resistenza e la lascio proseguire nell'opera che ha cominciato. Dall'angolo della bocca le scendono gocce di saliva, come se fosse in procinto di assaporare il suo dolce preferito. E' scatenata. Prima di stasera non avevo mai visto una donna in quello stato. Con una mano inizia a massaggiarmi i testicoli, mentre con l'altra continua a menarmi l'uccello fino a farmi male, infine decide di sputare un grumo di saliva sulla cappella.
La mano scorre sul cazzo con molta naturalezza. Nessun'altra donna prima di lei mi ha fatto una sega in questo modo. Solleva il capo e mi guarda in viso, poi affonda di nuovo la bocca sulla cappella.
Mi scopro a fantasticare sulle sue labbra così soffici da fare invidia alla morbidezza di una fica. Lei continua a farmi godere accarezzandomi a turno i testicoli e l'uccello. Lo sfregare della cappella sulla superficie delle sue labbra mi dona attimi d'irrefrenabile piacere. Le gambe iniziano a tremarmi a ogni penetrazione. Tutt'a un tratto interrompe per qualche istante la sua azione. La vedo inumidire di saliva un dito della mano e posarlo sul buco del mio culo. Ripete questa operazione alcune volte, mentre con l'altra mano continua a menarmi l'uccello. Infine, con molta delicatezza, introduce il ditino nel mio sfintere. Ho un sobbalzo. E' la prima volta che qualcuno m'incula.
Prosegue imperterrita nella sua azione. La gradevole sensazione di prurito che sa trasmettermi il dito si accompagna all'intenso piacere delle labbra che si abbassano sulla cappella. Sborro irrigidendomi in tutto il corpo, trascinando anche lei in un vortice di piacere.
Milly non vuole ingurgitare lo sperma, cerca di trattenere il liquido in una mano ma le fuoriesce fra le dita. La osservo divertito durante questa manovra. Prendo dal cruscotto un paio di fazzoletti di carta e glieli porgo. Milly risale dalla scomoda posizione sotto il volante e torna a sedersi al mio fianco. La luce dei lampioni illumina il suo corpo candido e i seni minuti su cui spiccano le areole dei capezzoli appuntiti.
- Ti è piaciuto? - mi chiede.
- Sì molto, e a te?
- Anche a me. - risponde.
Premo il pulsante che comanda i sedili ribaltabili e li abbasso. I nostri corpi vengono a trovarsi l'uno di fianco all'altro. A dire il vero io sto un poco più in alto, lei più in basso. Posso vedere la fenditura della fica parzialmente nascosta da una rada peluria. Con la mano risalgo le cosce e vado a scoprire la deliziosa apertura. Ha gambe bianche come la neve. I piedi perfetti. L'ombelico tondo, tondo...
Il cazzo mi si arrapa ancora una volta. Sfioro con la mano la fica, toccandola per la prima volta. E' tutta bagnata. Con le dita le sfioro le grandi labbra e il clitoride. E' turgido, gonfio e ben sviluppato. Non so resistere a lungo. La penetro con le dita.
La parete della fica è tremendamente stretta. Ancor più eccitato sollevo Milly di peso. La prendo per i fianchi e la pongo a cavallo sul mio bacino. La sua mano prende l'uccello e se lo infila nella fica inarcandosi all'indietro con la schiena per facilitare la penetrazione.
- Ce l'hai stretta. - dico.
Riesco a penetrarla aiutato dal fluido abbondante che le addolcisce il dolore. Grida al mio primo affondo. Non voglio farla soffrire e l'invito ad assecondare i miei movimenti. Finalmente prendiamo il giusto ritmo. Eccitato come sono vengo dopo pochi colpi. Non ho neanche il tempo di estrarlo e le sborro dentro.
.
E' trascorso un anno da quella sera. Dopo d'allora non ho più rivisto Milly. Sto correndo nei viali del parco Garibaldi in tenuta da jogging, quando mi sento chiamare da una voce in lontananza.
- Ehi! Fabio. Non mi riconosci? Sono io, Milly. Non ti ricordi di me?
Ho completamente cancellato dalla mente Milly e la serata trascorsa in sua compagnia. Colto di sorpresa non posso fare finta di non conoscerla.
- Ciao! Come va? Vedo che sei in buona compagnia. - dico.
Milly muove avanti e indietro una carrozzina mentre se ne sta seduta su di una panchina.
- Hai visto che bella sorpresa, sono diventata mamma!
- Complimenti. Beh, ho fretta, devo andare a lavorare. Ciao! Spero di rivederti ancora.
Mi allontano e riprendo la corsa. Quando sono a una decina di metri da Milly mi sento chiamare ancora una volta. Mi giro.
- A proposito ti farà piacere sapere che l'ho chiamato Fabio, come te.
Sorrido e continuo nella mia corsa. In fondo mi fa piacere che quel bel bambino dalla pelle nera abbia il mio stesso nome.
 
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