ANNUSAMI FRA LE COSCE, di Farfallina

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<Jocker>
view post Posted on 18/1/2011, 22:16     +1   -1




Prima di decidermi a scrivere la prima di una lunga serie di e-mail, indirizzate a Francesca, avevo trascorso parecchie notti dinanzi al computer a leggere le confessioni intime che riempivano le pagine del suo blog. Se mi ero deciso a scriverle lo avevo fatto perché la giudicavo una donna fuori dall'ordinario, soprattutto perché ogni suo pensiero esprimeva un sorprendente erotismo.
I pensieri più intimi che riempivano le pagine del suo blog erano più di una medicina per il mio corpo malato di solitudine. La pulsione erotica di cui erano permeate le sue confessioni erano di stimolo alle mie fantasie. In più di una occasione mi ero perso a consumarmi il cazzo, mentre leggevo le sue parole, stringendolo forte, finendo ogni volta per imbrattare le dita di sperma.
Da autentico idiota mi ero illuso di sapere molto della sua natura di donna, rispetto a quello da lei rivelato nelle pagine del blog, invece non sapevo niente. Due emeriti sconosciuti, ecco ciò che eravamo l'uno per l'altro, anche se in comune mostravamo d'avere molte affinità per tutto ciò che aveva attinenza con la sfera sessuale.
Prima di decidermi a scriverle avevo riflettuto a lungo sull'opportunità di inviarle una e-mail. Infine le avevo spedito una lettera in cui manifestavo il desiderio di entrare in corrispondenza con lei. L'avevo scritta utilizzando il medesimo gergo sboccato che ostentava nelle pagine del proprio blog mostrandomi pari a lei.
Ormai avevo abbandonato ogni speranza di ricevere una qualsiasi risposta quando, una sera, del tutto inaspettata, mi era giunta una sua e-mail. Per niente risentita, dal tipo di linguaggio utilizzato nella mia lettera, aveva risposto a tutte le domande che le avevo posto lasciandomi sconcertato per la sua franchezza.
Dopo il primo scambio di e-mail abbiamo seguitato a scambiarci, a intervalli regolari, dell'altra corrispondenza. Soltanto in un secondo tempo, dietro sua sollecitazione, abbiamo cominciato a chattare, e siamo entrati maggiormente in intimità.
Quella che era iniziata come una semplice amicizia, poco per volta ha preso la piega di una relazione amorosa, seppure virtuale. Una liaison forgiata dalle lunghe ore trascorse davanti alla tastiera del computer a masturbarci mentre sullo schermo ci scambiavamo le nostre fantasie erotiche eccitandoci a vicenda.
Tutt'e due eravamo consci che prima o poi avremmo finito per incontrarci di persona, perché solo in questo modo avremmo potuto dare significato alla nostra relazione.
Una sera, mentre eravamo intenti a masturbarci dinanzi allo schermo del computer, abbiamo deciso di vederci per non essere soltanto degli amanti virtuali.

Quando alla stazione di Parma sono scesa dal treno avrei voluto trovare Francesca ad aspettarmi sul marciapiede della pensilina, invece gli accordi che avevamo preso in chat prevedevano che ci saremmo incontrati direttamente all'Hotel Rigoletto, un albergo a tre stelle, ubicato nella zona centrale della città ducale.
In più di una occasione Francesca mi aveva fatto cenno a una fantasia erotica che non aveva mai realizzato con nessun altro uomo, e che più di ogni altra le sarebbe piaciuta mettere in pratica con me.
- Mi piacerebbe fare l'amore in una stanza, al buio, con un partner di cui non conosco il volto, né lui conosce il mio.
Una sera, mentre eravamo impegnati a chattare, mi aveva reso partecipe per l'ennesima volta di quella fantasia confessandomi che avrebbe voluto renderla concreta con me.
- Un uomo entra in una stanza buia dove ad attenderlo c'è una donna a lui sconosciuta, disponibile a fare del sesso senza dargli la possibilità di guardarla in viso. Sono del parere che non esista niente di più eccitante di questa situazione erotica.
La frase aveva fatto la sua comparsa sullo schermo del computer, dopodiché Francesca era rimasta in attesa di una risposta da parte mia che invece avevo tardato a farle pervenire.
- Ti andrebbe di realizzare con me questa fantasia?
Ho accettato galvanizzato da quella strana proposta, ma soprattutto perché avevo voglia di conoscerla di persona e scoparla, stanco com'ero di masturbarmi davanti allo schermo del monitor.
- Potremmo fare l'amore nello stesso modo di chi è privo della vista, come fossimo tutt'e due ciechi. - aveva insistito.
A suo dire saremmo andati alla scoperta del corpo dell'altro, toccandoci, lasciando sfuggire dalle nostre bocche solo gemiti di piacere, annusandoci come fanno i cani, sniffando l'odore della pelle dell'altro. Soltanto dopo avere fatto l'amore avremmo acceso la luce illuminando la stanza, ma solo nel caso fossimo stati tutt'e due d'accordo, altrimenti avremmo seguitato a frequentarci chattando come avevamo sempre fatto, evitando di conoscerci in volto.

Il taxi che dalla stazione ferroviaria mi ha accompagnato all'Hotel Rigoletto ha attraversato la città in un battibaleno. A quell'ora, di primo pomeriggio, di una domenica qualunque, Parma era pressoché deserta. Oltrepassata la porta girevole dell'albergo sono andato dritto al bancone della reception.
Al concierge, addetto all'accoglienza della clientela, uno spilungone magro e accigliato che pareva un corazziere, ho spiaccicato, senza tradire nessuna emozione, il cognome di Francesca.
- Camera 009. - si è premurato di rispondermi, soddisfacendo la mia richiesta. - Troverà la stanza al secondo piano dell'edificio. Una volta raggiunto il pianerottolo segua il corridoio alla sua destra.
Mentre salivo i gradini delle scale, eccitato dalla strana situazione in cui mi ero venuto a trovare, ho provato a immaginare com'era il volto di Francesca.
Lei, malgrado le mie insistenze, non aveva voluto rivelarmi né l'età né com'era fatto il suo corpo. Supponevo dovesse avere tanti anni come i miei: trenta, ma non sapevo se era alta, bassa, magra, grassa, bruna o corvina, se aveva capelli lunghi o corti. Tutt'a un tratto ho preso coscienza che sapevo ben poco della sua persona e del rischio che stavo correndo entrando nella camera.
Una volta raggiunto il pianerottolo, al secondo piano dell'albergo, ho provato a immaginare, facendo ricorso alla fantasia, il suono della sua voce, lo spessore della bocca e persino la forma del sesso che custodiva fra le cosce. Infine, con il cazzo che premeva come un ossesso contro il tessuto dei pantaloni, mi sono avvicinato alla stanza contraddistinta dal numero 009 indicatami dal concierge.
Davanti alla porta ho esitato qualche istante prima di bussare. Il corridoio era semibuio e la cosa mi era sembrata persino strana. Col cuore in gola, il respiro in affanno, le gambe che mi tramavano per la troppa emozione, ho accostato le nocche della mano sul legno della porta. Ho seguitato a bussare fintanto che una voce femminile, proveniente dall'interno della camera, mi ha ordinato di entrare. Ho aperto la porta e mi sono ritrovato in un ambiente buio investito dalle parole di una donna.
- Chiudi subito la porta alle tue spalle ed entra. - ha ordinato la voce femminile che solo qualche istante prima mi aveva ingiunto di entrare nella camera.
Durante quei momenti d'intensa eccitazione ho provato a figurarmi la disposizione dei mobili della stanza in cui avevo messo piede. Ho considerato che doveva contenere un letto matrimoniale, un armadio, due sedie e poco altro, come una qualsiasi altra camera d'albergo.
- Ciao, Lorenzo, sei contento di essere qui?
- Sì.
- Adesso spogliati e non pronunciare una sola parola, capito? Lascia che sia io a disporre di te.
Ho cominciato a spogliarmi rendendomi libero della camicia e di seguito dei pantaloni, poi mi sono privato di tutto il resto. Nudo, col cazzo in tiro, nascosto alla vista della donna che mi stava davanti, mi sono trovato a pensare che dopotutto sarei potuto non piacerle.
Tutt'a un tratto mi ha preso il timore che lo stesso sarebbe potuto accadere a me nel caso Francesca non fosse rientrata nello stereotipo di donna che mi ero costruito nella mente. In quel caso la disillusione sarebbe stata enorme, e mi sarei trovato a disagio a fare del sesso con lei, anche se le fiche sono tutte uguali: un taglio fra le cosce e basta.
I battenti dell'unica finestra della camera, malamente chiusi, lasciavano filtrare qualche spiraglio di luce, seppure del tutto insufficiente per rischiarare l'ambiente. Senza una precisa ragione ho cominciato a sperare che nella stanza non ci fosse soltanto Francesca, ma anche una altra donna. Poi mi ha preso la paura che ci potesse essere un uomo.
Questi e altri pensieri mi sono passati nella mente in quegli attimi colmi di suspense. L'unica mia certezza era che avevo a che fare con una donna disinibita, e la cosa mi eccitava più dell'eventuale presenza di una o più persone nella camera.
Ero andato all'appuntamento intenzionato a mostrarmi a Francesca come uno schiavo sottomesso al suo volere. Pronto ad accettare le sue perversioni, se mai ne avesse avute, ma non mi andava di apparire per il tipo d'uomo che si fa abbindolare da una femmina soltanto perché gli ha promesso di fargli annusare l'odore della figa.
Nel buio della camera mi era sembrato di distinguere la sua ombra riflessa sulla parete che stava dinanzi a me, ma era solo una illusione. Il fruscio delle lenzuola, provocato dal movimento del corpo che cambiava di posizione sul letto, erano la conferma della sua presenza a pochi passi davanti a me. Senza che me lo ordinasse mi sono avvicinato alla ringhiera del letto.
A quella distanza ho percepito l'odore di cui era pregna la sua pelle. In quel preciso istante ho pensato che ignoravo tutto del suo corpo, delle tette, del culo e della figa. Ma era pur vero che anche lei non sapeva quanto ingombrante fosse il cazzo che stava dritto davanti a lei. L'avrei sorpresa quando l'avrebbe preso in mano, di questo ne ero certo.
In compenso sapevo tutto delle sue abitudini alimentari, del genere di libri che era solita leggere, dei film francesi che prediligeva, del genere di vacanza che era solita fare e di un sacco di altre cose. Ero consapevole che il contatto dei nostri corpi avrebbe potuto concedermi tanto piacere, ma anche farmi del male, molto male.

Nel momento in cui ho messo piede nella camera ero conscio del ruolo che mi era stato attribuito, sapevo che ero lì per essere usato, ma non mi importava granché di ciò che sarebbe potuto accadermi.
- Vieni qua, sul letto, accanto a me, che aspetti?
Nel buio della camera il suo corpo era soltanto un ombra informe. Ho acconsentito a coricarmi sul letto e sono venuto a contatto col suo corpo. Abbiamo cominciato a toccarci, da prima curiosi uno dell'altro, poi quando ho preso confidenza con le sue forme floride ne sono rimasto stupito. Il seno sodo, grande quanto basta, e i capezzoli appuntiti, mi hanno dato conferma che avevo a che fare con una donna di giovane età.
Ho lasciato cadere la mano sopra una delle sue ginocchia e ho cominciato a fare scorrere le dita lentamente, dal basso verso l'alto, incuneandomi poco per volta nel solco fra le cosce, che ho trovato lisce e morbide: cosce che si toccavano una con l'altra senza lasciare spazio nel mezzo. Sono risalito con le dita fino alla fessura della figa che ho scoperto essere piacevolmente glabra.
Francesca ha stretto nella mano il cazzo e ha cominciato a masturbarmi dando libero sfogo al mio e suo piacere. Io l'ho imitata e ho inzuppato le dita fra le labbra della figa, fradicia di umore. Le ho toccato il clitoride, duro come un cece, e ho seguitato a sfregarlo facendola ansimare per il piacere che ero capace di trasmetterle nel toccarla.
D'istinto mi è venuto da socchiudere le palpebre quando l'ho baciata, come se nella stanza ci fosse troppa luce. L'ho fatto per abitudine, forse. Le nostre labbra si sono congiunte e ho lasciato che la sua bocca si chiudesse sulla mia.
Francesca mi ha infilato la lingua fra i denti e si è messa a farla titillare contro la mia senza smettere un solo istante di masturbarmi. In quel preciso istante mi sono sentito usato, ma la cosa non mi è importata granché. Ho lasciato che facesse di me quello che desiderava, forse perché era ciò che volevamo tutt'e due quando, chattando, avevamo concordato di fare sesso al buio.
Dopo un po' che amoreggiavamo mi ha dato l'ordine di mettermi carponi sul letto, col viso affondato nel cuscino e il culo mantenuto sollevato. Io non ho saputo rifiutarmi.
Lì per lì non mi è stato chiaro quali fossero le sue reali intenzioni, ma ero pronto a tutto, così le ho permesso di disporre del mio corpo a suo piacimento.
Ha sistemato le mani sopra i mie glutei, li ha allargati, dopodiché ci ha inserito le guance. Con la punta della lingua ha cominciato a leccarmi il buco del culo inumidendolo copiosamente di saliva. Ho temuto che volesse infilarmi qualche strano aggeggio nell'ano, cosa che non avrei gradito, ciononostante non ho fatto niente per ritrarmi. Ha seguitato a lungo a solleticarmi l'ano con l'estremità della lingua riempiendomi di brividi in tutto il corpo. Ho lasciato che si prendesse cura del mio culo assecondandola nella sua strana voglia.
Ha proseguito a leccarmi a lungo mentre la sua mano scorreva avanti e indietro attorno il cazzo. Se avesse continuato a toccarmi e leccarmi in quel modo sarei venuto alla svelta, invece non desideravo eiaculare troppo presto per non deluderla.
Intuendo qual era il mio timore dai continui fremiti del mio corpo Francesca ha smesso di masturbarmi, ma non ha cessato di succhiarmi la pelle intorno l'ano. A un certo punto, sfinita, si è sdraiata al mio fianco bagnata fradicia di sudore in tutto il corpo per riprendere fiato. Ho lasciato che fosse lei a decidere come proseguire nel gioco amoroso che stavamo conducendo, cosa che ha fatto impartendomi un ordine perentorio.
- Leccami tutta e non smettere mai! - sono state le parole che ha pronunciato.
Ha accompagnato i movimenti delle mie labbra spingendomi il capo a visitare ogni recesso del suo corpo, dagli interstizi dei piedi a quelli delle mani, per finire alle ascelle, passando dalla figa, al culo, all'ombelico, e la bocca.
Sono andato avanti a deliziarla dei miei baci di lingua riempiendola di succhiotti fino a farla urlare di piacere. A un certo punto, esausto, mi sono coricato al suo fianco col cazzo che fumava per il troppo tempo che era rimasto in erezione senza eiaculare.
Il resto della giornata lo abbiamo trascorso a scopare, scambiando liquidi di ogni specie, inebriandoci al profumo della pelle dell'altro, impegnati tutt'e due a entrare e uscire dalle cavità dei corpi.

Per tutto il tempo in cui mi sono intrattenuto nella stanza siamo rimasti al buio. Se devo essere sincero nemmeno mi è passato per la mente di accendere la luce per guardare Francesca in volto. Se non ne ho avuto bisogno è perché il suo corpo non aveva più segreti per me.
Alle 10.00 di sera ho abbandonato la stanza dell'albergo. Quando sono uscito dalla porta Francesca se ne stava sdraiata sul letto, addormentata: nemmeno si è accorta della mia partenza stremata com'era. Un taxi mi ha condotto alla stazione ferroviaria giusto in tempo per salire sul treno che a mezzanotte mi ha scaricato alla stazione centrale di Milano.
Sulla carrozza ferroviaria, seduto su una poltrona dirimpetto a due preti, mi è venuto da pensare a quante altre coppie avevano fatto l'amore in quella camera d'albergo prima di noi. Di sicuro non l'avevano fatto da finti ciechi.

In quel luogo di libertà e in assenza di ogni regola sono diventato l'amante di una donna di cui ancora oggi non conosco il volto. Francesca ed io seguitiamo a incontrarci nella medesima stanza d'albergo, una volta al mese, anche se non abbiamo nient'altro da offrirci che il profumo dei nostri corpi. Tutt'e due siamo legati sentimentalmente a un'altra persona, ma ci piace annusarci e respirare il profumo della pelle dell'altro mentre facciamo l'amore.
 
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