L'ESIBIZIONISTA, di Farfallina

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<Jocker>
view post Posted on 16/3/2007, 08:36     +1   -1




Nelle campagne circostanti le acque del Po fra Piacenza e Comacchio trova posto un’infinità di piccoli paesi. La vita in questo tratto di pianura trascorre in modo tranquillo. La gente è ossequiosa alla terra e ancora di più al fiume che l'attraversa. Qui come nel resto del paese il benessere economico e il consumismo hanno prodotto nuovi modelli di vita, ma non hanno cambiato lo spirito libero della popolazione che abita questo tratto di pianura.
La bicicletta è il principale mezzo di locomozione per spostarsi in città. Le due ruote accomunano tutti, dal professionista che l'adopera per recarsi al lavoro, allo studente che se ne serve per andare a scuola, alla massaia che l'utilizza per andare al mercato. Anch’io sono solita spostarmi in giro per la città utilizzando la bicicletta. Percorrere gli stretti vicoli del centro, attraversare corti e piazze, fermandomi a fare compere nei negozi senza l'assillo di dovere parcheggiare l'automobile è quanto di meglio una donna può desiderare.
Quando vado mi muovo in bicicletta sono solita indossare una gonna corta, molto aderente, di quelle che s'arricciano ad ogni pedalata e salgono su per le cosce lasciando intravedere il colore delle mutandine che indosso. Mi piace sentirmi addosso gli sguardi confusi degli uomini che si soffermano a sbirciare l'intimo che mi separa le cosce, e metto in mostra in maniera fin troppo sfacciata. Ad essere sincera mi piacerebbe essere ancor più smaliziata e provocante. Un giorno o l'altro potrei uscire da casa senza le mutandine addosso per costatare che tipo di reazioni susciterei negli uomini. Un giorno forse lo farò, ora mi accontento di osservare le reazioni del "mio" muratore...

La mattina, recandomi in bicicletta al lavoro, sono solita transitare dinanzi ad un cantiere edile di una casa in costruzione. Un muratore sembra attendere ogni giorno il mio passaggio. Lo scorgo mentre si affaccia da una balconata oppure si sporge da un'impalcatura per richiamare la mia attenzione. Ogni volta fa precedere l’apparizione con tre fischi, dopodiché mette in mostra l'uccello immancabilmente turgido e dritto come un birillo.
Da quando è stato avviato il cantiere dove lavora, circa sei mesi fa, la scena si ripete ad ogni mio passaggio. Avrei voglia di domandargli come fa ad avere l'uccello sempre in piena erezione. Mi trattengo dal farlo anche se non so per quanto tempo ancora riuscirò a trattenermi dal fargli questa domanda. Non sono costretta a quell’itinerario, potrei cambiare percorso, imboccare un'altra strada, ma il triplice fischio è un richiamo cui non so sottrarmi. Lo considero un saluto, un divertente augurio di buona giornata e niente più.

Stamattina quando giungo in reparto sono informata dalle mie colleghe di lavoro che è accaduto un fatto strano, senza precedenti. Ieri notte è stato ricoverato d'urgenza un paziente, ma a dispetto dei severi regolamenti dell'ospedale che prevedono la registrazione del cognome e del nome sulla cartella clinica dei ricoverati, in questo caso sono state inserite solo le iniziali del paziente. Dalle mie colleghe sono riuscita a sapere che si tratta di un personaggio molto importante. E' assai probabile che l'uomo appartenga ad una delle famiglie più facoltose della città, di quelle che gestiscono il potere politico ed economico. Questa è la ragione per cui gli è stato concesso l'anonimato.
Il signor G.G. (questa è la sigla con cui è registrato nel quaderno dei ricoveri), è stato operato d'urgenza dal primario della clinica. Il Professor Conconi, a quanto si è saputo, è stato chiamato dal medico di guardia ed ha effettuato di persona l'intervento chirurgico. Dopo l'operazione il signor G.G. è rimasto in terapia post-intensiva per poche ore. Successivamente è stato trasferito in una delle camere a pagamento che l'Azienda Ospedaliera ha attivato da poco tempo.
Sfoglio con curiosità la cartella clinica del signor G.G. In una delle pagine trovo scritto: Intervento al retto per C.E. L'abbreviazione dovrebbe stare a significare "Corpo Estraneo". Mi consulto con le mie colleghe, ma nessuna è a conoscenza della natura del corpo estraneo che ha reso necessario l'intervento chirurgico. Potrebbe anche trattarsi di una neoplasia, ma non ne sono certa, chissà!
Sto riponendo le lenzuola della biancheria pulita nell'armadio quando uno squillo del campanello richiama la mia attenzione. Il quadro elettrico illumina il 22. Il numero corrisponde alla camera dove è degente del signor G.G. Metto da parte il carrello con sopra le lenzuola e mi dirigo verso la stanza.
- In cosa posso esserle utile. - dico appena entrata.
- Signorina, sia gentile, ci porti una tazza di tè. Il professor Conconi vuole che mio marito si alimentarsi con cibi liquidi.
Il tono risoluto con cui ha proferito la richiesta sembra più un ordine piuttosto che una richiesta. Ad esprimersi in questo modo è una donna. Dimostra una trentina d'anni. E' alta quasi quanto me. Piuttosto magra ha dei lunghi capelli biondi che le scivolano sulle spalle. D'aspetto elegante indossa un tailleur nero, giacca blu, e una camicetta con pizzo volant di colore rosa. Evidenzia dei modi signorili che traspaiono dai suoi gesti e dall'accento della voce. Sul letto, accanto a lei, sta coricato un uomo. Dimostra una cinquantina d'anni. E' calvo e porta gli occhiali con spesse lenti da miope.
- Vado in cucina e glielo preparo. - dico rivolgendomi alla donna.
- La prego, faccia alla svelta.
L'accento della voce è straniero, nordico probabilmente. Forse è di nazionalità svedese o danese.

Quando ritorno nella stanza sono trascorsi solo una decina di minuti. Appoggio il vassoio con la teiera e la tazza sul ripiano del comodino.
- Sia gentile signorina, mi dia una mano a sistemare mio marito seduto nel letto.
Aiuto l'uomo a sollevarsi e inserisco una ciambella di gomma sotto i glutei facendo in modo che non appoggi la parte da poco operata sul materasso. Prendo la tazza del thè caldo e gliela porgo. Lui sorseggia a fatica la bevanda, subito dopo si rimette sdraiato sul fianco. Sto per uscire dalla stanza quando la donna mi si avvicina e nell'incavo della scollatura m'infila una banconota da cinquanta euro, poi mi sorride.
- E’ per il suo disturbo.
Mi ha fatto piacere ricevere un simile regalo. Non è cosa di tutti i giorni ricevere una mancia di questa entità, ma resto infastidita dal modo volgare con cui mi ha consegnato la banconota. Intrattenendomi con una strumentista di sala operatoria, apprendo qual è la natura del corpo estraneo che i chirurghi hanno estratto dal retto del signor G.G: si tratta di una zucchina.
L'oggetto diventa argomento di discussione fra noi infermiere. C'e chi, bene informata, sostiene che durante un'insolita pratica erotica, la moglie, per imperizia, si sia lasciata prendere la mano e il prezioso ortaggio è risalito in alto, lungo il retto, rendendo necessario l'intervento chirurgico per estrarlo.

Nel corso della mattinata mi reco più volte nella stanza di G.G. In qualche modo devo contraccambiare i cinquanta euro di mancia, ed inizio ad entrare in confidenza con la moglie.
Si chiama Helga ed è danese. Ha lasciato il suo paese una decina di anni addietro quando è stata assunta da una importante azienda alimentare che commercializza prodotti agro-alimentari della provincia di Parma. Parla cinque lingue. Questo, a suo dire, le ha permesso di scalare in pochi anni molti gradini della carriera fino a occupare il posto di responsabile marketing dell'area commerciale dell'azienda e sposare il proprietario.
Helga inizia a darmi del tu invitandomi a fare lo stesso con lei ed io le ubbidisco, affascinata dai modi di questa donna nordica così diversa per cultura e modi di fare da noi mediterranee.

E' trascorsa una settimana dal giorno dell'operazione. Quando entro nella camera del signor G.G. Helga è in piedi vicino alla finestra. Indossa un abito nero di seta a fiori che è una meraviglia. Le faccio i complimenti e le sorrido.
- Anche tu Erika hai un bellissimo corpo, staresti bene con un abito come questo. Provalo, dai, così potrai costatare che non ti ho mentito.
- Sarei imbarazzata. E poi questo non è il luogo adatto per farlo.
- Che dici, mica devi sentirti a disagio. Mio marito dorme e se dovesse svegliarsi non farebbe caso a queste cose.
Helga non attende la mia risposta. Cala la cerniera dietro la schiena e l'abito le scivola lungo lo scheletro precipitando per terra. Il corpo nudo di Helga mi appare nelle perfezione delle sue forme. Addosso le è rimasto un perizoma nero che a stento le copre l'incavo della passera. Il corpo, di un colore bianco latte, pare scolpito da un artista tanto è aggraziato nelle forme. Le gambe lunghe e affusolate si allargano sul bacino slanciando l'addome verso l'alto. I seni assai minuti possiedono le areole dei capezzoli di colore rosa e sono straordinariamente appuntiti.
- Dai, spogliati, non fare storie. Non posso restare in questo stato per molto tempo.

Turbata da tanta insistenza tolgo di dosso il camice e il grembiule, poi mi avvicino a lei. I nostri corpi messi a stretto contatto evidenziano le loro differenze. La mia pelle è abbronzata, la sua è candida come la neve. M'infila l'abito e lo fa partendo dai piedi verso l'alto. Le mani scivolano sulla mia pelle insieme alla seta dell'abito. Sfiora con le dita i miei fianchi soffermandosi a esplorare con la mano i miei seni nell'intento di correggere, dice lei, le pieghe dell'abito. Sono eccitata dalla strana situazione in cui mi sono cacciata. Sento la freschezza del vestito di seta così leggero e impregnato del profumo della sua padrona.
- Mamma mia com'è bello, chissà quanto costa. Non potrei mai permettermi di acquistare un abito come questo, mi ci vorrebbero dieci stipendi!
- Se vuoi è tuo, te lo regalo. Io ne ho altri simili a questo. Anzi, dal momento che nell'armadietto ho un paio di jeans e una maglietta di ricambio, puoi tenerlo, te lo regalo!
Helga sfiora la mia guancia con una carezza e mi dà un bacio sulla piega della bocca.
- Ti ringrazio, ma non posso accettarlo. E' un regalo troppo costoso, non saprei come sdebitarmi.
- Non ti preoccupare, siamo amiche no? E allora...
Nel togliermi l'abito giro lo sguardo verso il marito e noto che ha cambiato postura nel letto. Sta riverso sul fianco ed il viso è girato nella nostra direzione. Gli occhi sono socchiusi. Chissà se ha assistito alla prova d'abito.
- Beh, allora ti ringrazio.
Contraccambio la sua carezza e le do un affettuoso bacio sulla guancia.

Sono intenta a riassestare il carrello delle medicazioni, quando il citofono collegato alle stanze dei pensionanti si mette a trillare.
- Sono il marito di Helga. - dice una voce concitata all'altro capo del filo. - Signorina Erika, venga subito qui… mia moglie sta male.
Lascio in sospeso il lavoro e mi precipito nel corridoio. Raggiungo la camera di degenza e vado in soccorso della mia cara amica. Quando entro nella stanza trovo l'uomo sdraiato sul letto. Helga non c'è.
- E' di là... in bagno, sotto la doccia. Credo stia poco bene, l'aiuti!
Dalla posizione in cui mi trovo, vicino al letto, scorgo la porta del bagno. Helga sta semisdraiata sul pavimento. L'acqua fuoriesce dal bulbo della doccia e scorre sulla pelle nuda della donna. Il corpo è parzialmente ricoperto da schiuma da bagno e brilla d'infiniti riflessi colorati. La soccorro e m’inginocchio accanto a lei.
- Ehi! Ma che scherzo è questo, che ti succede? Cosa ti senti? - chiedo in maniera bonaria, per non spaventarla.
- Sto male, molto male. La causa sei tu, Erika. Ti ho desiderato dal momento che ti ho incontrata, non faccio che pensare a te. Tu sei la padrona dei miei pensieri e non riesco a stare lontana da te.
Mentre sussurra queste parole l'acqua continua a scendere a fiotti bagnandomi da capo a piedi. Sorpresa dall'inaspettata dichiarazione non so cosa risponderle. Le parole mi fanno immensamente piacere, anch'io subisco il medesimo fascino.
Non ho tempo per trovare una risposta adeguata alle nostre domande. Lei si rialza, infila una mano nella scollatura del mio camice, poi mi afferra una tetta fra le dita. Il tocco, inaspettato e rude, tanto auspicato, fa cadere le mie ultime difese, se mai ci sono state. Prosegue a sbottonarmi il camice inzuppato d'acqua facendolo cadere ai miei piedi. Le mani frugano fra le mie mutandine fino a raggiungere la passera.
Non sono abituata ad un approccio così rude, con le donne preferisco avere un contatto dolce e delicato, con lei sta per succedermi il contrario. E' come scoprire un mondo del tutto sconosciuto. Il contatto delle dita sulle mie grandi labbra mi provoca un sussulto immediato. Sa come prendermi... la gattina.

L'acqua continua a scendere e riscalda i nostri corpi. Me ne sto in piedi con la schiena appoggiata al muro con il corpo di Helga che aderisce al mio. Ha il capo reclinato sulla mia guancia, mentre con la mano continua a frugarmi nella fica. Prigioniera delle sue attenzioni lascio che mi sfili di dosso mutandine e reggiseno e rimango nuda come lei.
I nostri corpi scivolano l'uno sull'altro dolce preliminare alle future emozioni. Anch'io desidero toccarle la passera. Infilo due dita nella fessura e la penetro. Le pareti sono morbide come quelle dei petali di una rosa. E’ molto più lubrificata della mia. Sono sorpresa dalle contrazioni dell'utero mentre la scopo con le dita. Sfrego il clitoride con passaggi delle dita delicati e sfuggenti.
Siamo così impegnate nella conoscenza dei nostri corpi che nemmeno ho fatto caso alla presenza in camera di G.G. che dal suo letto ci starà sicuramente osservando.
Le tette minute di Helga s'infossano nelle mie. La punta dei capezzoli mi pungono la pelle. La cosa mi eccita a tal punto che tolgo le dita dalla passera e afferro con entrambe le mani le sue tette.
Con gli uomini sono costretta a toccarmele da sola mentre mi scopano, stavolta stringo fra le dita quelle di una altra donna e mi eccito nell'accarezzarle. Non mi è mai capitato di toccare donne dai seni con i capezzoli rosa. Succhio l'areola, straordinariamente estesa fino a farla urlare, ma non so se è per il troppo piacere oppure per il dolore che le sto provocando. Anche lei inizia ad accarezzarmi i seni che a confronto dei suoi le devono sembrare due meloni. Il contatto delle mani provoca nel mio corpo fremiti di passione.
Ho un orgasmo, finalmente, mentre siamo concentrate nell'esplorare le nostre intimità. Neanche ci accorgiamo dell'acqua che continua a scendere dal bulbo della doccia. Se i nostri corpi hanno fatto conoscenza i nostri visi si sono solo sfiorati.
Helga si distacca dal mio corpo. Mi cinge il capo afferrandomi da dietro i capelli e li tira verso la schiena estendendomi la mandibola verso l'alto. Posso specchiarmi nei suoi occhi azzurri e lei nei miei scuri come la notte. Dopo alcuni secondi di silenzio le nostre labbra si avvicinano. Rivoli d'acqua scendono sulle nostre bocche infuocate dal piacere. L'incontro delle nostre labbra è così dolce che ho l'impressione d'essere tutt'uno con la mia amata.
Le punte delle lingue si cercano e le dita non sono da meno. La sua mano afferra la mia e la porta a contato del suo clitoride. Inizio a sfregarlo con movimenti lenti che accelero di tanto in tanto. Lei posa la mano sulla mia passera e inizia a masturbarmi. Siamo in sincronia. L'orgasmo che ne segue ci trova accomunate. Veniamo insieme, trattenendo le urla nella bocca dell'altra.
Durante l'amplesso non ho scambiato una sola parola. Abbiamo fatto sesso in modo incredibilmente naturale, merito delle sue origini nordiche e della spregiudicatezza dei suoi modi che hanno contribuito a liberarmi da ogni paura.
Helga, non paga, s'inginocchia ai miei piedi e inizia a leccarmi la fica. Divarico ancora di più le gambe per ricevere la lingua. M'incalza furiosa penetrandomi sempre più violentemente. Allargo le labbra della passera con le dita e assecondo i suoi movimenti sospingendo il pube in avanti.
Non impiega molto tempo a farmi raggiungere un orgasmo. Urlo di piacere, contraendo in mille spasmi le pareti della passerina. Improvvisamente mi rendo conto della strana situazione in cui sono venuta a trovarmi. Chiudo il rubinetto della doccia e invito Helga a procurarmi uno dei suoi accappatoi. Guardando fuori dalla porta a vetri noto che il marito sta pulendosi l'uccello con un fazzoletto, probabilmente ha goduto per tutto il tempo di quell'avventura. Mi precipito fuori dalla stanza con indosso l'accappatoio che Helga si è premurata di consegnarmi. Quando sono nel corridoio scendo la scalinata che conduce negli spogliatoi per indossare un camice da lavoro asciutto.

Il signor G.G. è pronto per essere dimesso dalla clinica. Sono chiamata dal citofono della sua stanza.
- Signorina Erika? - chiede la voce all'altro capo del citofono.
- Sì... sono io, dica pure.
- Sono Helga. Signorina può venire nella nostra camera?
- Un attimo e sono lì.
C'è qualcosa di strano nel tono della sua voce. E’ tornata ad essere autoritaria come l’avevo ascoltata il giorno in cui avevo fatto la sua conoscenza.
- Senta signorina… - mi assale Helga appena entro in camera. - Mio marito ed io le siamo grati per tutto ciò che ha fatto in questi giorni e desideriamo esprimerle la nostra riconoscenza con un regalo.
Helga toglie dalla borsetta una mazzetta di soldi e me li porge. Ad occhio e croce sembrano un migliaio di euro o poco più.
- Perché questo regalo? - dico. - Non merito una cifra del genere.
- Non si preoccupi signorina, li ha guadagnati. - interviene il marito - Lei ha saputo renderci felici. Mia moglie ed io avevamo fatto una scommessa. Helga sosteneva che sarebbe riuscita a fare all'amore con lei, io invece ero convinto del contrario. Ho perso la scommessa e quindi pago.
Dopo aver pronunciato queste parole il marito di Helga mi porge la mazzetta di banconote. Presa dall'ira le afferro, mi avvicino a Helga e gliele getto sul viso.
- Una troja, ecco quello che sei, una troja!
Giro i tacchi ed esco dalla stanza.

Stamani mentre venivo in bici al lavoro sono transitata dinanzi al cantiere del mio amico muratore. Come ogni mattina il suo triplice fischio ha richiamato la mia attenzione, mi sono girata e lui era là, come sempre, con l'uccello in bella mostra. Per la prima volta l'ho salutato con un cenno della mano facendogli segno di seguirmi. Non so cosa sia successo, forse ha messo male un piede o non si aspettava il mio invito. Sta di fatto che è precipitato dal secondo piano dell’edificio in costruzione ed è atterrato sopra una montagnola di sabbia. Subito soccorso dai compagni è stato ricoverato d'urgenza in ospedale. Ora è degente nel mio reparto. Fortunatamente non si è procurato nessun danno grave, ha solo una gamba fratturata. Dovrò prendermi cura anche di lui?
Sono nata Farfallina e vado là dove mi porta il cuore.
 
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