Dolce infermiera, dal web

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<Jocker>
view post Posted on 24/3/2012, 14:42     +1   -1




Un occhio alla strada e uno alle indicazioni stradali che la signora Elga mi aveva dettato al telefono per raggiungere casa sua.
La giornata era piovosa e questo mi innervosiva. La pioggia mi ha sempre messa di cattivo umore.
In più, detesto guidare. Ed era domenica, e io odio anche le domeniche.
Insomma, era una giornataccia.
Quella mattina mi ero trascinata fuori dal letto, dopo una serata devastante con le mie amiche, con l’unico desiderio di spostarmi sul divano e poltrire in pigiama tutto il giorno davanti alla tv.
Ma poi l’anziana signora Elga mi aveva chiamata perché aveva bisogno di un favore.
Stavo quasi per laurearmi in infermieristica e l’avevo conosciuta durante il tirocinio. Era sempre sola, nessuno andava mai a trovarla e io avevo perso la mia amata nonna da poco.
Insomma, mi ero legata a lei più di quanto sarebbe stato lecito. Ci eravamo scambiate i numeri e ogni tanto ci incontravamo ai giardini, così per farle compagnia e insisteva per pagarmi.
Quella mattina, intorno alle 11, mi aveva chiamata.
- Laura?
- Elga! Buongiorno! - non la sentivo da due settimane.
- Tesoro, hai una voce orribile… - mi disse ridacchiando.
Io sorrisi: - Ieri ho fatto tardi.
Dopo i soliti convenevoli, mi disse che aveva bisogno di aiuto: suo nipote, cadendo, si era rotto le braccia. Erano ingessate tutte e due e, quindi, non era autosufficiente.
- Il problema è che io devo partire per tre giorni. A chi lo lascio?
Io temporeggiai: - Non sapevo avessi un nipote…
Lei non rispose.
Sospirai: - Elga, non so se… insomma, sono tre giorni! E dovrei fermarmi per la notte…
- Ti pagherei bene, molto bene!
- Non è per i soldi!- protestai.
La voce di Elga si fece supplichevole: - Ti prego, Laura! A chi lo potrei lasciare? Non ha bisogno veramente di un’infermiera! Ma solo di qualcuna che… badi a lui!
Sospirai di nuovo ed accettai.
E lei mi invitò a casa sua per un caffè alle 15 del pomeriggio per conoscere il nipote.
Ecco, quello era un altro motivo per cui ero incazzata. L’ultima cosa che volevo era badare per 3 giorni a un ragazzino discolo e scalmanato. Ma avevo promesso.
Quando arrivai, indossavo una tuta e delle scarpe da ginnastica. I miei capelli, anche grazie all’umidità, erano terribili. Gonfi, crespi. Li raccolsi in una coda.
Suonai al campanello ed Elga, col suo solito sorriso materno, apparve sulla soglia.
- Finalmente ti vedo a casa mia! - mi disse abbracciandomi.
- Come stai, Elga?
- Bene! Molto bene, anche se quei tre giorni in cui starò via, li passerò tristemente… sai, vado via per un funerale.
Io la guardai negli occhi: - Mi dispiace!
- Beh, sì… grazie! Entra tesoro.
Entrai. Era una casa piccola. L’ingresso era uno stretto corridoio. Mi fece strada fino alla sala.
- Siediti pure - mi invitò, indicando un divano a fiori.
Io mi sedetti. Era arredata con mobili antichi, mi sembrava di essere di nuovo a casa di nonna.
A pensarci un nodo mi bloccò la gola.
Elga, per fortuna, mi lasciò per andare a fare il caffè e così cercai di riprendermi.
Poi tornò: - Mio nipote arriva, dormiva quando sei arrivata.
Mentre chiacchieravamo, mi disse che sarebbe partita l’indomani nel pomeriggio.
- Puoi trasferirti qui prima che io parta?
- Certo.
- Eccomi, scusate il ritardo - disse improvvisamente una voce.
Spalancai gli occhi sul nuovo arrivato. Non era un ragazzino! Alto, moro, sulla trentina. Era enorme… spalle gigantesche. Faceva di sicuro sport. Era bellissimo anche in tuta e io mi vergognai del mio aspetto.
Mi alzai, educata.
Mi sorrise: - Tu sei Laura, vero? Io sono Mirko. Vorrei stringerti la mano… ma, vedi - si strinse nelle spalle.
Io ricambiai il sorriso: - E’ un piacere, conoscerti.
Si sedette di fronte a me, mentre la nonna andava a mettere il caffè nelle tazzine.
- Sono sempre in giro per lavoro, sono un rappresentante. Torno a trovare mia nonna e cado dalle scale, dandole un peso. Alla mia età, essere imboccato, lavato e vestito è orribile.
Stupidamente, precisai: - Io sono un’infermiera.
- Si, lo so - replicò, incuriosito.
Arrossii.
- E’ così che hai conosciuto mia nonna, no? E io non sono nemmeno potuto venire a trovarla.
Annuii. Quando avevo assistito Elga, credevo che i suoi parenti fossero degli stronzi. Lei era un angelo e nessuno andava a trovarla!
Non lo dissi, era chiaro che nel caso di Mirko, il lavoro glielo aveva impedito.
Il pomeriggio trascorse tranquillo.
Trascorsi una notte agitata.
E il pomeriggio dopo io e il mio borsone con l’occorrente per tre giorni ci trasferimmo da Elga.
Elga partì in taxi alla volta della stazione alle 17 in punto.
Io e Mirko iniziammo la convivenza.
Aveva il gesso da due settimane precise e avrebbe dovuto portarlo per altre 3, almeno.
Ero agitata. Ma ero un’infermiera!
Solo che dovevo accompagnarlo in bagno, spogliarlo, lavarlo… e lui era davvero bellissimo.
La prima volta che l’avevo portato in bagno a fare pipì, avevo anche visto il suo pene. E non riuscivo a togliermelo dalla testa!
Era più di tre anni che non facevo sesso, ecco perché facevo così.
Dormii poco e male, soprattutto dopo avergli fatto il bagno e averlo messo a letto. Anche lui aveva una vistosa erezione e l’immagine del suo membro duro che avevo costretto nelle mutande mi dava il tormento.
La mattina dopo lo svegliai col caffè in camera. Lo sorseggiò. Sembrava tranquillo: eiaculazione mattutina. Beato lui.
Quando lo cambiai, vidi le mutande sporche di sperma. E non mi faceva schifo. Parlammo a lungo. Era una persona straordinaria. Aveva preso da Elga quel buon cuore che tanto amavo in lei. Bastò un pomeriggio per prendermi una bella cotta. Lui, ovviamente, non sentiva lo stesso per una ventiduenne sciocca e sciatta.
Il mio corpo era carnoso. Avevo un seno prominente. Una taglia 46. Ero “materna” come mi diceva Elga. E lui era un figo. Male assortiti.
Però godevo della sua presenza. Era bello parlare con qualcuno senza aver paura di essere giudicati. Gli raccontai tutta la mia vita.
Mio padre che aveva lasciato mia madre e me quando ero appena nata, per scappare con la sua segretaria. Lei che non si era mai sul serio ripresa. Io che avevo cercato di occuparmi di tutto in casa, ma che non ce l’avrei mai fatta senza mia nonna. Mi ero diplomata, mi ero iscritta all’università. E solo grazie a lei.
- Poi è morta, all’improvviso. Devo ancora riprendermi da questa cosa; mia madre, invece, si è sposata. Ora è felice. Ha due figli, ma sembra che per loro riesca a essere una madre migliore.
Mirko mi stava fissando, lo sapevo, anche se avevo gli occhi puntati sulle mie mani.
- Anche io sono cresciuto senza genitori. Mi ha allevato mia zia. La nonna l’ho sempre vista poco, ma è sempre stata presente. È dura, ma ce la farai. Ce l’hai già fatta. Sei una donna splendida, stai per laurearti.
Io sorrisi: - Sì, ma devo ancora sopravvivere con i soldi della pensione di nonna e con i soldi che mi dà mia madre.
- Il bello dei vent’anni! - disse, con un comico tono nostalgico.
Ridemmo. Poi lo accompagnai in camera sua per dormire.
Andai a fare una doccia. Mi infilai un accappatoio e feci per andare nella camera dove dormivo.
Ma sentii un lamento.
In camera di Mirko.
Entrai. Nella penombra della camera vidi lui, sul suo letto, con la faccia tesa e lucida per il dolore.
- Mirko? - feci, spaventata.
Poi capii. La sua erezione era contenuta a stento dai rigidi jeans che aveva voluto indossare quella mattina.
Mi avvicinai e iniziai a sbottonargli i jeans, glieli abbassai.
Lo guardai negli occhi.
- Mi dispiace… - sussurrò.
- Non devi preoccuparti. Non puoi controllarlo.
Lui tremò. Violentemente. L’erezione non calava. Anzi.
- Sono due settimane che non posso farmi una sega - borbottò.
- Non hai un’amica che… - suggerii.
Lui scosse la testa: - No.
Gli occhi si incollarono ai miei.
Le mie mani corsero alle sue mutande. Afferrai l’elastico. Aspettai che mi dicesse di andarmene. Ma l’aria supplichevole mi spinse ad andare avanti.
Il suo cazzo uscì dalle mutande.
Lo accarezzai dolcemente.
- Non devi farlo se non vuoi, Laura - fece, dolcemente.
- Io voglio - spiegai, facendo sparire il pene nella mia bocca.
- Laura… - mi chiamò Mirko, irrigidendosi.
Io andavo su e giù, piano. Le mie mani gli solleticavano i testicoli.
Mi piaceva.
Quando venne, un grido roco e basso gli uscì dalla gola. La mia bocca era piena di sperma, che ingoiai.
Respirava forte, a occhi chiusi. Libero.
Io mi alzai, avevo voglia di piangere, ma non sapevo perché.
Stavo per imboccare la porta.
- Dove vai? - mi fermò.
- Di là.
- Voltati.
Lo feci. L’accappatoio era aperto. Lui mi fissava.
Che vergogna. Feci per chiuderlo.
- Laura, toglilo. Vieni qui.
- No, io…
- Spogliati.
Il suo tono era deciso. Obbedii.
Arrossii, non ero un bel vedere, lo sapevo. Mi sentivo umiliata.
- Sei bellissima… vieni qui. Ti prego.
Incerta, lo raggiunsi.
- Non posso toccarti, ma posso assaggiarti - mi disse.
Non potevo credere che il suo cazzo fosse già di nuovo duro. Ma lo era.
Si sollevò a sedersi, col mio aiuto.
Mi baciò sulla bocca, poi mi prese un seno tra le labbra.
Gemetti. Buttai la testa indietro. Sorrisi, piena di voglia.
Mirko mi disse che voleva leccarmela. Tornò a sdraiarsi e io mi sedetti sul suo viso.
La sua lingua era magica. Mi penetrava, mi accarezzava, dava piccoli colpi al clitoride.
Io perdevo la testa. Mi piaceva, non sapevo cosa fare per esprimere la tempesta che sentivo.
Così urlavo. Mi aggrappavo alla sponda del letto. Lo incitavo.
Venni e poi mi sdraiai accanto a lui.
Lo baciai, sentendo i miei umori nella sua bocca.
- Sei fantastico - sussurrai.
- Tu sei fantastica. Ti voglio, Laura.
- Anche io!
Sorrise.
- A te l’onore.
- Sono tre anni che non faccio l’amore - dissi, di getto.
Lui annuì: - Se non ti va, va bene lo stesso.
Io scossi la testa: - Mi va, mi va tantissimo!
Mi sollevai. Mi misi a cavalcioni su di lui.
- Vorrei toccarti - mi disse.
Gli diedi un bacio. Poi con una mano mi allargai la fessura, con l’altra presi il cazzo. Iniziai a inserirlo dentro di me. Ero eccitatissima e non fu difficile come temevo. Sì, un po’ di dolore ci fu. Ma pochissimo.
Quando mi sentii completamente riempita lanciai un gemito rotto.
- Stai bene? - mi domandò.
Io sorrisi: - Scopami - risposi.
- Sei tu che devi fottere me - replicò.
Io appoggiai le mani ai lati della sua testa.
Iniziai a cavalcarlo piano, dolcemente.
Sentivo caldo, sentivo l’odore del sesso, sentivo i suoi gemiti, la sua voce che mi chiamava. Tutto questo mi dava alla testa.
- Mi piace, mi piace, mi piace… - dicevo. Era come se non avessi il controllo su ciò che dicevo o che facevo.
Pensavo solo al cazzo che stavo prendendo, senza preoccuparmi d’altro. Lo lasciavo scivolare dentro e serravo i muscoli vaginali intorno a quel pene. E ogni volta il piacere aumentava.
Capii che l’orgasmo era vicino e lasciai perdere ogni dolcezza.
Quasi saltellavo su di lui.
- Grida! Grida, Laura! Fammi sentire quanto ti piace! - mi incitava, fissandomi, mentre i capelli saltavano con me.
Avevo l’aria folle, lo sapevo.
- Vengo, vengo!!! Oddio… ti voglio scopare, Mirko! Ahhhhhhhhhhhhhhhh!- l’urlo micidiale che mi uscì dalla bocca, quasi mi spaventò.
Tremai e mi accasciai su di lui.
Mirko sorrideva.
Mi riposai un secondo, poi scesi e lo feci venire di nuovo, nella mia bocca. Ripulendogli poi l’asta.
Io lo guardavo. Mi piaceva tanto e avrei voluto dirgli che sarei tornata nel suo letto per sempre. Ma sapevo che mi avrebbe riso in faccia.
- Non vedo l’ora di togliere il gesso. Voglio toccarti, centimetro per centimetro - mi disse.
- Non siamo costretti a rivederci.
- Io non voglio rinunciare a questo. E poi, non vuoi sapere come scopo?
Io risi. – Lo so già.
- No. Sappiamo che tu scopi alla grande. Io ho solo subito… con gioia, certo. E subirò per varie settimane ancora… tu vuoi che continuiamo a vederci?
- Mirko… devo essere sincera con te. Io non cerco solo sesso, so che detto ora è da ipocrita, però…
Lui mi interruppe: - Io voglio te. Nel letto e fuori.
Io sorrisi.
- Ora vieni a scoparmi di nuovo- mi sussurrò.
Sono 5 anni che stiamo insieme.
 
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view post Posted on 10/5/2012, 11:59     +1   -1

Con amore o niente

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