FINESTRA SUL CORTILE, dal web

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<Jocker>
view post Posted on 15/3/2012, 21:10     +1   -1




Sto per tradire mio marito. Tra pochi minuti sarò tra le braccia del mio amante e già pregusto il fuoco che ci brucerà. Sarà una sveltina, come sempre: un amplesso rapido, spremuto, goduto. Un attimo rubato alla mia vita, in casa mia, approfittando di un momento di libertà.
Potremmo vederci da lui, o in albergo, ma sono io a volere così: lo voglio nel mio letto, nella mia intimità. Voglio regalarmi il piacere nelle stesse stanze in cui mio marito me lo nega. Voglio farlo di fretta, col brivido che il cornuto rientri prima del previsto e che ci scopra.

Ormai è questo il mio gioco: quando il titolare esce per una commissione, faccio uno squillo al sostituto. Se è libero, corre da me, mi prende senza nemmeno spogliarmi. Mi piace farlo in piedi, con gli slip calati al ginocchio, vicino alla finestra che dà sulla strada. Da lì posso sorvegliare quando mio marito sta tornando. Vedo prima la sua auto passare sotto casa alla ricerca di un posteggio, e un fremito mi scuote la pancia. Ma godo veramente mentre lo osservo aprire il cancelletto esterno. So esattamente quanto ci mette ad attraversare l’atrio, guardare se c’è posta in casella, chiamare l’ascensore, salire. È precisamente il tempo che mi basta per venire, alzare le mutande, abbassare la gonna, far uscire l’amante sulle scale e riabbracciare il marito sentendo ancora in me il brivido dell’orgasmo.
Se non l’avete mai provata, è una sensazione che non potete capire.

Sto per tradire mio marito e non mi sento nemmeno in colpa, e anche se fosse, posso invocare le attenuanti generiche.
Primo, l’ho tradito, ma lui se l’è cercata. Per dirla tutta, è tenero, affettuoso, ma non è capace a scopare. Non so come spiegarlo, fa male l’amore: non ha ritmo, vigore, passione. Sembra che lo faccia per dovere, un po’ rozzamente, come per un bisogno. Ho provato in tutti i modi ad “educarlo”, nei primi anni di matrimonio. Ma ora ho rinunciato.
Secondo, è stato più forte di me, non ho saputo resistere. Fin da quella cena a casa di amici in cui il mio futuro amante mi ha guardata come se fossi nuda, poi mi ha spiazzato con quel commento preciso, sfrontato, lievemente sessuale, pronunciato ad mezza voce sotto gli occhi di mio marito, e infine mi ha lasciato il suo numero di cellulare, come se fosse già evidente che l’avrei chiamato.

E così è successo. L’ho chiamato l’indomani, anzi diciamo che l’ho “convocato”. Abbiamo fatto sesso subito, al primo incontro. Non c’era altro da dirsi. Sapevamo entrambi che eravamo lì solo per quello. Lui fa il rappresentante, era in giro nella mia zona, dopo mezz’ora mi stava prendendo alla pecorina sulla poltrona del salotto. Non ci siamo nemmeno spogliati. Quella volta, per non correre rischi, avevo approfittato di un’assenza un po’ più prolungata di mio marito. Abbiamo finito venti minuti prima che lui tornasse. Poi, le volte successive, mi sono perfezionata.

E così il gioco è diventato un bisogno e ormai è un’attrazione magnetica. Forse perché lui è il classico stronzo, forse perché so che può avere tutte le donne che vuole, forse per la sua faccia da schiaffi e il SUV nero da pappone. Perché lui è un predatore. Ma anche io. Sono stata al gioco: ho cacciato il maschio cacciatore. Sono stata preda, sono stata predatrice.

* * *

«Io esco!», mi grida il maritino aprendo la porta.
«Va bene! A dopo!».
Premo il tasto “chiama” del cellulare, avevo già preparato il numero.
«È uscito. Sbrigati».
«Sono già qui, parcheggio e arrivo».
Click.
Mi avvicino alla finestra appena in tempo per scorgere il cornuto uscire in strada. Mi piacerebbe vedere i due che si incrociano. Prima o poi succederà. Appoggio la mano al vetro e il freddo che sento sulla pelle mi richiama improvvisamente il caldo che già inumidisce il mio sesso. Resto lì immobile, gustando la piacevole sensazione. Passa qualche minuto, l’amante ritarda. L’attesa, anche se breve, mi innervosisce lievemente.
Poi lo vedo arrivare. Lui non è mai di fretta, mai scomposto, ma dalla sua camminata, da un ciuffo spettinato, capisco che ha corso.
Citofono.
Portoncino.
Ascensore.
Serratura.
«Scusa, ma oggi posteggiare è impossibile. Ho lasciato la macchina praticamente in mezzo alla strada».
«Se ti compravi la Smart…».

Bocca.
Mani sul sedere.
Sul seno.
Sul corpo.
Nel corpo.

Mi gira e mi spinge verso la sala. Di nuovo le mani sul vetro. Ancora quella sensazione di freddo insieme al caldo. Ancora più caldo. Mi allarga i piedi con i suoi. Mi penetra con forza. Inarco il bacino e sporgo indietro le natiche. Mi stringe forte. I suoi colpi sono ritmati, possenti.
Lo vorrei in bocca, ma non posso lasciare il mio posto di osservazione. Eppure non resisto, mi chino e lo prendo avidamente. Spero che lui sorvegli, ma non ne sono sicura. E non mi importa.
Il suo piacere cresce, pulsa, si prepara. Rallento un poco. Mi rialzo. Mi giro nuovamente.
Scosto leggermente la tendina, il vetro è appannato, con il palmo della mano ne asciugo una striscia lasciando un arcobaleno trasparente. In un effetto acquarello vedo una sagoma familiare. Il maritino è appena passato in macchina.
Un brivido.
Scopami, ti prego. Oddio, non smettere.
Ancora.
Ancora.
Ancora.
Eccolo!
Godo.
Portoncino.
Godo.
Posta.
Godo.
Pianerottolo.
Mutande. Gonna.
Ascensore.
Fuori!
«Vai!».
Passi sulle scale. L’ascensore si ferma al piano.
Ho appena fatto in tempo a chiudere la porta e a tornare in cucina.

«Sono tornato!».
«Ciao, amore. Fatto presto…».
«Lascia perdere! Non riuscivo a parcheggiare. C’era uno stronzo, ma uno stronzo! Ha piantato il suo SUV nero in mezzo alla strada. Ma si può? Ma mi sono preso la mia bella rivincita, sai? Gli ho messo sul finestrino un biglietto: “SE SCOPI COME PARCHEGGI, NON MERAVIGLIARTI DI ESSERE CORNUTO!” Eh, quando ci vuole ci vuole!».

 
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The_Big_Ticket
view post Posted on 2/12/2015, 11:05     +1   -1




Colpaccio
 
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