Il culo di Vera, dal web

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°Monique°
view post Posted on 17/6/2011, 13:36     +1   -1




Alzò la testa dal giornale che stava leggendo perché la sentì entrare, con il solito rumore di porta sbattuta. Tutte le volte che lei entrava lui ripensava al libro in cui un altro personaggio femminile faceva la stessa cosa: si annunciava attraverso quel rumore forte e irriverente, un gesto che rivelava una trascurata attenzione per il prossimo, una noncuranza dichiarata e fastidiosa. Ma in lui – e in tutti i personaggi maschili del libro a cui quella brutta abitudine di lei lo faceva pensare – quel gesto funzionava come un richiamo sessuale. Risvegliava i sensi dal torpore, faceva muovere gli ormoni: prometteva incontri e carne scoperta, liberamente offerta al tocco delle mani, al palpeggiamento forte e continuo delle carezze che si strusciano sulla pelle: una pelle che desidera essere strusciata, toccata. La guardò passare attraverso il corridoio ed entrare nella sua stanza. Vera non lo aveva salutato – quasi che lui fosse trasparente – ma anche questo non gli provocò stupore, poiché rientrava in quella lista dei suoi comportamenti maleducati a cui ormai lui si era abituato da quando, ogni mattina – o quasi – la vedeva entrare in ufficio attraverso il gazebo dove faceva il portiere.
Quel giorno Vera portava gli stivali e il suo passo era più pesante del solito. Camminava avvolta in un giubbotto nero che lasciava libero alla vista il suo sedere, un poco ondeggiante, fasciato in un paio di brutti jeans. Ma che importava se quei pantaloni erano un altro segno di sciatteria? L'unico desiderio che lui aveva, vedendoli, era di toglierli - desiderio che aveva anche verso qualsiasi altro abito di lei, magari anche più bello – per guardare, nudo e libero, il bel culo di Vera, stringerne la carne a mani piene e tenerlo fermo mentre con la lingua percorreva la riga che separava quelle sue grosse mele tonde e morbide... Vera scomparve presto dalla sua vista e lui tornò a leggere il giornale. Nel gazebo per fortuna la temperatura era mite e il calore che i suoi pensieri andavano a poco a poco perdendo non si ripercuoteva sulla sua temperatura esterna. Dopo qualche minuto fu però nuovamente distratto da un picchiettio di dita – neppure tanto leggero - sul vetro del gazebo. Alzò lo sguardo e si trovò di fronte la bocca piena di rossetto di Vera che, già in movimento, gli diceva qualcosa che lui non riusciva a capire. “Ho bisogno di lei!” Urlò allora Vera con una voce priva di grazia ma che ebbe immediatamente il potere di farlo uscire dal gazebo e di pararlesi di fronte: “Cosa è successo? Cosa posso fare?” Gli domandò lui. E Vera rispose, dandogli immediatamente le spalle e precedendolo lungo il corridoio: “Venga con me. Le faccio vedere!” Lui la seguì, con gli occhi fissi sul suo culo, ora così vicino al suo sguardo. Entrarono così nell'ufficio di lei e lui si ritrovò ad osservare ciò che Vera aveva visto solo pochi minuti prima: sul pavimento, accanto alla sua scrivania, una grossa gatta dal pelo striato di rosso, allattava due piccoli gattini, dal colore incerto. “E questa com'è entrata?” Si ritrovò a dire lui, per la verità piuttosto divertito da quello spettacolo così insolito per quel luogo: un ufficio dove tutte le mattine, molto presto, gli addetti alla pulizia rassettavano tutto e dove un istituto di vigilanza controllava che non rimanessero aperti porte o finestre - ma neppure spiragli di alcun tipo. E poi c'era lui stesso, a guardare chi entrava e chi usciva, a vegliare su chi di giorno lavorava in quel luogo...

Di certo nulla di prezioso veniva custodito in quei locali e il viavai non era molto frequente, così lui aveva tempo di leggere il giornale e spesso anche di studiare dal momento che, giovane com'era, era ancora iscritto all'Università e voleva laurearsi senza rinunciare al suo lavoro di portiere. Eppure quella gatta era entrata, cercando un posto solitario e caldo dove partorire, non immaginando forse che poco dopo quella stanza sarebbe stata frequentata da Vera. “Com'è entrata non lo so! Ma vorrei proprio che lei la facesse uscire!” Gli rispose sgarbatamente Vera. Lui invece evitò di parlare ancora e scuotendo appena la testa uscì dall'ufficio di lei. Ma Vera gli andò dietro, incalzandolo: “Ehi, dove va? “ “ Vado a cercare una cosa” Gli rispose allora lui, senza girarsi e continuando a percorrere i pochi metri che separavano l'ufficio di Vera dal gazebo dove lavorava e dove nuovamente entrò per aprire un armadietto in cui teneva il plaid che era proprio andato a prendere. “L'avvolgeremo con questo e la porteremo insieme con i suoi micetti nello sgabuzzino delle scope, così...” Cominciò a dire lui, ma Vera lo interruppe quasi subito: “No, no: io non farò un bel niente! Non toccherò quei gatti. Lo farà lei!” “Va bene. Va bene.” Disse lui. “Però lei verrà con me...” Si ritrovò ad aggiungere, in un improvviso attimo di coraggio. “D'accordo. Verrò con lei. Ma starò solo a guardare!”. Sentì che Vera gli rispondeva. E ne fu immediatamente molto contento. Provò allora anche una profonda simpatia per quel gatto rosso che quella mattina aveva scelto l'ufficio di Vera per partorire i gattini. Quell'evento insolito era una bella fortuna: avrebbe passato in compagnia di Vera e del suo culo almeno un altro quarto d'ora ancora.
Tornarono nella stanza di lei, lui si piegò per prendere la gatta e avvolgerla nel plaid insieme con i suoi micetti ma l'operazione – naturalmente! - non fu facile come lui l' aveva descritta. La gatta, sebbene apparisse stanca e incapace di divincolarsi con energia, lo graffiò diverse volte prima di permettergli di prenderli, tutti e tre, e trasportarli nello sgabuzzino delle scope dove avrebbero potuto restare tranquilli almeno fino alla mattina dopo. Lui però era piuttosto forte e deciso e non si lasciò scoraggiare dalle sue unghie. Inoltre quel piccolo incidente destò maggiormente l'attenzione di Vera che, dopo, non solo lo portò nuovamente nel suo ufficio per dargli disinfettante e cerotti – lei non gli toccò la mano ferita né lo aiutò a scartare i cerotti, ma fu comunque gentile ad offrirglieli – ma addirittura gli disse che, se lui poteva assentarsi ancora qualche minuto dal gazebo, avrebbero potuto bere un caffè insieme. “Si. Certo” Rispose lui. E si avviarono nel bar all'interno dell'edificio stesso. Lasciarsi offrire un caffè, pensava lui, era per Vera sicuramente un gesto molto magnanimo. E lui non si sentiva sminuito dall'atteggiamento di poco giustificata superiorità con cui Vera lo investiva. Anzi: anche questo gli sembrava in qualche modo provocante. “Io non sopporto i gatti! Ma guarda un po'. E me ne ritrovo uno che partorisce nel mio ufficio. Tre gatti tutti insieme, da me, e nello stesso giorno. E puzzano! Ha sentito? I gatti puzzano. E la sua ferita si potrebbe infettare. Hanno le unghie sicuramente sporche, come tutti gli animali. Ma quelle dei gatti credo siano anche un po' velenose... Lei deve controllare la sua ferita. Ed avvertire qualcuno che ci sono i gatti, naturalmente! Dovranno portarli via da qui, no? Portarli in giardino o dalla protezione animale...o in un canile per gatti...Come si chiamerà? Forse non esiste, perchè la parola proprio non mi viene...” Lui ascoltava le frasi di Vera con attenzione, come se davvero ci fosse qualcosa da ascoltare. Aveva ormai bevuto il suo caffé mentre lei, poiché parlava, teneva ancora la tazzina piena in mano. “Chiamerò la sicurezza, chiamerò l'istituto di vigilanza: ci penserò io. Però prima lei viene con me?” Domandò lui, mentre nel frattempo Vera era riuscita a bere il suo caffè. Gli fece allora un grande, esagerato sorriso e gli chiese: “ Con lei?! E dove mi porta?!” Il suo tono era smaccatamente ironico e lui si aspettò di sentirla addirittura ridere. Ma la risata non ci fu. Perciò lui accettò quell' ironia e con semplicità le rispose: “Nella stanza delle fotocopie.” Vera non gli domandò il perchè . Alzò un poco una spalla e, probabilmente giudicando innocua la sua richiesta oppure incuriosita, fece segno di sì con la testa, per assecondarlo.

Così, con lei che lo precedeva ancora e lui che le guardava fissamente il culo, mentre il suo cazzo sotto i pantaloni e sotto le mutande cominciava a diventare davvero duro e a farsi notare attraverso la stoffa tesa , si avviarono verso la stanza delle fotocopie. Una volta dentro, lui chiuse la porta a scatto. “Vuole forse chiuderla a chiave?” Gli domandò allora Vera quando se ne accorse e lui, senza fare attenzione neppure questa volta all'ironia, girò davvero la chiave nella toppa e le disse: “ Tu hai ragione: è meglio.” “Ci diamo del tu?” Gli domandò allora Vera e a lui sembrò che lei facesse caso sempre alla cosa sbagliata, che dicesse le parole che non c'entravano niente, che usasse il tempo senza pensare alla sua unicità e i gesti senza pensare alle loro conseguenze. Si avvicino a Vera e guardandola negli occhi questa volta fu lui a sorridere. “Beh, ci vediamo ogni giorno... Possiamo dire di conoscerci abbastanza.” “Per fare cosa?” Gli chiese ancora Vera. E ancora lui pensò che le chiacchiere di lei, per quanto sciocche, erano un magnifico esempio di provocazione. “Per farlo subito.” Gli rispose lui, allungando le mani verso il suo maglione nero, che per la verità non lasciava spazio all'intuizione delle forme, sebbene lui sapesse che, sotto, il corpo di Vera doveva essere per forza caldo...Vera non si spostò e luì le prese il capo da dietro e con la bocca andò dritto verso la bocca di lei - che si aprì - e vi infilò la lingua, per un bacio che fu subito molto umido e molto caldo. Con l'altra mano intanto le palpò immediatamente il culo. Ah, quel suo culo tante volte guardato, finalmente sotto le sue avide mani...! “Mmmh...” Faceva Vera, ma non sembrava volesse parlare. Era piuttosto un verso di piacere e di approvazione, per la sua mano che la tastava, le prendeva il culo e lo stringeva, anche se ancora restava sopra la stoffa dei jeans...Poi lui, con la lingua sempre dentro la bocca di lei, con l'altra mano le aprì i pantaloni e li fece scorrere giù, verso il basso. Tornò quindi con la mano di prima a toccare il culo di Vera, questa volta libero dalla stoffa pesante dei jeans, ma coperto appena dalle mutande. Com'era piacevole sentirlo sotto la mano, dentro la mano, caldo e morbido e invitante. Così pieno di promesse e ricco di curve e spazi, dove le dita potevano prima sfiorare e poi entrare...Ma non voleva entrarle dentro con un dito. Sotto la stoffa dei suoi pantaloni e sotto quella delle sue mutande il suo cazzo era bagnato e duro e voleva essere lui ad entrare nel culo di Vera. Perciò si aprì i pantaloni e mentre Vera faceva ancora: “Mmmh...” li fece scivolare verso il basso insieme con le sue mutande. Poi, con la mano con la quale prima la toccava, tirò anche a lei giù le mutande e continuò a massaggiarle la carne del culo.

Mentre la fica di Vera si bagnava - lui la sentì toccandogliela da dietro, con il dito medio, strusciando su e giù, arrivando fino al buco del suo culo, per inumidire anche quello - lui appoggiò il suo cazzo sui peli di Vera e ve lo strusciò, facendole sentire com'era ritto e duro, pronto ad entrarle dentro. Ma non voleva essere dentro la sua fica, per penetrarle con forza tra la gambe, voleva invece entrare nel suo culo, essere in quel suo buco stretto e sentire intorno quelle mele a cui, come a due grosse maniglie, lui si sarebbe tenuto, mentre lei lo risucchiava dentro... Così la girò lentamente e cominciò a massaggiarle il culo con tutte e due le mani, poi a bagnarle il buco con l'umido della fica, con due dita, e ad avvicinare piano il cazzo al buco e, piano, a spingere un poco il cazzo verso l'apertura, per vedere la reazione di lei. Vera, che stava piegata, con il culo un po' teso verso l'alto, continuava ad assecondare le manovre di lui e a bagnarsi sempre di più. Lui le mise allora il dito medio in bocca e lei cominciò a leccarlo e poi a succhiarlo, cosicché continuava a fare: “Mmhm...” e a muovere il culo leggermente, in maniera circolare, come per dirgli: “Vieni, vieni...Entrami dentro...!” O almeno a lui sembrava che quei movimenti volessero dire proprio quello. Così cominciò ad entrare prima un poco nel culo di lei, poi vi scivolò tutto dentro, stretto dal buco, e cominciò a muoversi piano mentre Vera, dopo un primo sussulto e un leggero morso al dito di lui, continuava a fare: “Mmhm...Mmhm...” Lui intanto continuava a muoversi avanti e indietro dentro il culo di Vera e le pareti strette del buco gli facevano venire il cazzo sempre più duro e gli facevano sentire un piacere sempre più forte.

Con una mano si teneva ad una mela di lei, ma l'altra l'aveva tolta dalla sua bocca e la faceva scorrere sotto il maglione, sulla tetta, sotto il reggiseno: le cercava il capezzolo, piccolo e duro, e lo prendeva tra il pollice e l'indice e lo stringeva piano, e ne sentiva la pelle tesa e turgida...mentre il piacere che gli dava il culo di Vera, così stretto e caldo, lo portò presto a venire, senza che lui dovesse togliersi, ma riempendola dentro di sperma caldo come una bevanda. Mentre lui veniva e godeva e le stava quasi adagiato sulla schiena, Vera aveva smesso di mugolare ma ora voleva godere anche lei. “Toccami...! Toccami...!” Gli diceva, e lui, con il cazzo ancora un poco gocciolante, uscì dal culo di lei, che restò piegata in avanti, con la fica che si vedeva da dietro, e cominciò a toccarla, da dietro, con l'indice e il medio insieme, tutta bagnata com'era e ancora muovendo in modo leggermente circolare il suo grande culo e mostrando non solo il buco ma anche la fica agli occhi di lui che, sebbene fosse venuto, era felice di godere di quello spettacolo, di toccarla così calda com'era e di sentire che anche lei godeva...e godeva... Così quando anche Vera venne, lui la fece girare e si leccò le dita, davanti a lei, sorridendo. Allora anche Vera gli sorrise e gli disse: “Lo sai? Ti voglio fare un regalo.” Si avvicinò, ancora con i pantaloni e le mutande calate e il suo grosso culo nudo, ad una fotocopiatrice accesa e selezionò il formato A3 della carta, quello più grande. Aprì il portellone della fotocopiatrice, quello dove si mette la pagina che si vuole riprodurre, vi si sedè sopra e avviò la macchina. Pochi istanti dopo uscì da lì la grande fotocopia del suo culo: “Ecco: questa è per te...” Gli disse, porgendogliela. Era una fotocopia ben fatta, in cui il culo di Vera si mostrava in tutta la sua grandezza. La fotocopia era in bianco e nero, e la carne appariva molto bianca e il buco molto nero.
 
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Felison
view post Posted on 7/7/2011, 18:38     +1   -1




Ci sono anche dei gatti in questo racconto ^^
Comunque non è male.
 
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1 replies since 17/6/2011, 13:36   352 views
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