Ritornando a casa di Porchettina75, da I racconti di Milu

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<Jocker>
view post Posted on 23/4/2011, 17:01     +1   -1




Lei stava camminando da sola nel parco della sua città, aveva lunghi capelli biondi, che le sfioravano il fondoschiena, occhi che rispecchiavano il cielo e un fisico settecentesco, larghi fianchi e seno prorompente, ondeggiava sui tacchi con la sua gonna corta e quegli stivali di pelle che le avvolgevano le gambe. Si vestiva così perché le piaceva essere guardata dagli uomini, accendere gli sguardi di chi ne seguiva la camminata e popolare i sogni erotici di grandi e piccini.

Nella realtà era proprio l’opposto di così, non aveva un ragazzo e in fondo in fondo un po’ li temeva quegli uomini che la guardavano con quello sguardo eccitato e gli occhi lucidi di desiderio. Nessuno l’aveva mai toccata e quel corpo inesplorato era quasi un vanto per lei, voleva l’amore, il grande amore che avrebbe aperto quelle gambe e che l’avrebbe sfiorata per la prima volta.

Aveva respinto le avance di numerosi ragazzi conosciuti nei pub, a lavoro o in discoteca, ma con quel modo di atteggiarsi e vestirsi non faceva altro che attirare tutti quelli che erano in cerca di avventure occasionali o di flirt senza nessuna importanza ma lei voleva chi l’amasse per quello che era e non solo per il suo corpo.

Stava facendosi buio e casa era ancora lontana, quel parco sembrava non finire mai, eppure lo percorreva tutti i giorni per tornare a casa da lavoro, l’aria cominciava a raffreddarsi, settembre stava finendo e i giorni erano più corti, poco a poco il buio cominciava a infittirsi e le prime stelle della notte si affacciavano nel cielo.

Ascoltava il vento tra le foglie e i passi delle poche persone che c’erano e le sembrò che qualcuno la stesse seguendo, forse era la sua immaginazione o l’ennesimo uomo che seguiva il suo fondoschiena come ipnotizzato.

Decise di abbandonare la stadicciola e di tagliare attraverso la parte del parco che assomigliava a un piccolo boschetto, dove di notte gli amanti si abbandonavano a dolci effusioni, e i passi le andarono dietro, ormai era una certezza che qualcuno le stesse alle costole, ma lei non voleva voltarsi e farsi vedere nervosa e continuò a camminare accelerando solo di poco il passo.


I passi dietro di lei accelerarono anch’essi, più di quello che fece lei e si facevano più vicini, più vicini, più vicini, lei accennò una corsa ma ormai le era addosso, chiunque fosse l’aveva raggiunta. Si sentì afferrare per i fianchi, spingere violentemente in avanti e schiacciare contro un albero.

Un vigoroso corpo maschile aderiva perfettamente al suo, alla sua schiena e la schiacciava contro il tronco dell’albero!

Sentiva il respiro dell’uomo sul collo, gli alitava tra i capelli, un respiro caldo e affannoso.

Provò a divincolarsi per scappare e anche a urlare ma non la sentiva nessuno e alla fine l’uomo per non sentirla più le tappò la bocca con la mano. Lacrime calde cominciarono a solcarle il viso, scendevano sulle guance e cadevano su quel seno sodo, dolorante per il contrasto con l’albero.

A poco a poco l’uomo cominciò a strusciarsi a lei, spingeva il suo bacino contro il suo sedere e lei avvertiva qualcosa di duro che sembrava volerla bucare e che cresceva e si induriva ancora e che premeva proprio in mezzo al suo culo. Lei si agitava per liberarsi dalla morsa ma non ci riusciva e questo la rendeva disperata, tentò di picchiare con le mani e graffiare, ma non arrivava a lui.

Intanto le sue mani si fecero audaci, rendendosi conto che nessuno li sentiva liberò la bocca della ragazza e con il solo peso del suo corpo riusciva a tenerla incollata all’albero, le mani incominciarono a scorrere sul corpo di lei, sulle gambe, sulle cosce e sui fianchi, premendo ancora con il bacino, salì sulla pancia e poi sul collo, stringendo un po’ a farle capire che se ne doveva stare zitta e assaporare quel momento, poi scese di nuovo, sulle spalle, braccia e poi su quel magnifico seno sodo, strizzandolo, scoprendolo dalla maglietta e facendone graffiare la pelle alla corteccia dell’albero, infine sollevò la gonna, strisciandola sulla sua pelle, e arrotolandogliela in vita. Le sue mani erano ruvide, erano quelle di una persona che aveva lavorato duro ma avevano la delicatezza di chi vuol scoprire a poco a poco o di chi vuol gustare tutto. Mentre faceva tutto questo lui non parlava, respirava solamente sul suo collo, e man mano che si eccitava il respiro aumentava di frequenza e emetteva quasi dei grugniti e sembrava quasi che il pianto di lei sempre più disperato e le urla aumentassero la sua eccitazione invece che frenarlo. Si abbassò infine la cerniera dei pantaloni, iniziò a tirare le mutandine di lei, sempre più forte, sembravano segarle la pelle e alla fine con uno strattone le strappò e le gettò a terra.

Lei sentì scivolarle sul culo qualcosa di duro e bagnaticcio, un’asta che si insinuava tra le sue gambe, il cazzo di lui si faceva strada, si affacciò tra le sue cosce strette e sentì che non trovava un terreno del tutto asciutto e sterile ma una foresta umidiccia. “Piccola puttanella” sibilò allora all’orecchio di lei, la voce era giovane, “Lo vuoi dentro vero?” e iniziò a spingerlo dentro.

Lei si sentiva lacerare, un dolore che saliva dalle viscere, ma nel ribrezzo di quell’uomo che la violava in quel modo sentiva qualcosa che non aveva mai provato prima, una sorta di sconquassamento interno, un sottile piacere che saliva e le rendeva le gambe molli e le faceva socchiudere gli occhi; il pianto si fece più sommesso e smise di singhiozzare.

Lui lo affondò qualche altro centimetro “Allarga le cosce, troietta e sentirai quant’è bello il mio cazzo” e detto questo spinse con uno scatto secco fino in fondo strizzandole le tette e tirandole a sé, lei urlò il suo dolore e un rivolo di sangue scese sulla sua coscia. “Scommetto che non avevi mai preso un cazzo così grosso, vero bella mia?” ma lei non ne aveva proprio presi fino a adesso ma si sentiva riempita del tutto dal quel pezzo di carne, come quando per provare si era infilata quel grosso cetriolo nella fica, lo aveva fatto una volta sola ma era viva ancora in lei quella sensazione di pienezza.

L’uomo iniziò un lento avanti e indietro, mugolando e facendo piano, per far durare quel supplizio il più a lungo possibile, a un certo punto lei smise del tutto di piangere e sembrò quasi che gemesse “Allora lo vuoi il cazzo vero?” domandò lui e non ricevendo risposta incalzò “Sentirai quanto te ne do!” e cominciò a sferzare dei forti colpi, lo sfilava quasi del tutto e poi lo spingeva dentro con forza, sbattendola letteralmente contro l’albero e sollevandola ad ogni colpo. Lei aveva abbracciato l’albero e stava a gambe del tutto aperte, sostenuta anche dalle spinte di lui e si sentiva bagnata, avrebbe voluto voltarsi a vedere nel viso quell’uomo ma si lasciò andare a quelle sensazioni.

Lui iniziò a spingere come un forsennato, non la lasciava quasi respirare e le spinte erano così forti da farle graffiare il seno contro la corteccia, lei invece godeva, gemeva anche se ancora le lacrime solcavano il suo volto, non aveva mai immaginato che sarebbe andata così.

Di lì a poco lui dette alcune forti spinte sfilando appena il cazzo e spingendolo più a fondo e più a fondo e più a fondo “Ti voglio sfondare piccola puttana, voglio slabbrarti la passera e che alla fine ti faccia male da quanto ti ho scopato!”

Lei sentì qualcosa, un forte calore partire dal ventre, scendere tra le cosce e che le tolse il respiro, il gemito prolungato di lei arrivò anche alle sue orecchie “Questo è un orgasmo, vero? Che gran troia, una faccia da santarellina e godi a farti violentare, questo è il mio di orgasmi” e schiacciandola con forza contro l’albero e spingendo quel cazzo nella profondità più profonda della sua fica la inondò con il suo sperma caldo e le riempì le orecchie con quel lungo gemito di godimento.

Sfilò il cazzo e dalla fica di lei colò sulle cosce sangue, sperma e abbondanti liquidi.

Lui non era sazio e il cazzo non s’era ammosciato nemmeno di un millimetro, era lucido e lubrificato e bagnato da tutti quegli umori, scivolò in mezzo alle chiappe di lei, si mise con la cappella appoggiato al buchino, spingendo appena, lei provò a divincolarsi, vero che aveva goduto ma quello proprio non avrebbe potuto accettarlo.

“Se ti muovi sarà ancora più doloroso” sibilò lui con una grande eccitazione nella voce.

Lei mormorava sommessamente un continuo e lento “No”

Con una mano lui si teneva il cazzo ben saldo e puntato verso il buchino e con l’altra stava giocando con un capezzolo di lei, straziandolo, stringendolo e tirandolo e ansimava vicino al suo orecchio, con il fiato caldo che le batteva sulla guancia, poco a poco iniziò a spingere con la cappella sul buchino, era stretto, faceva resistenza, “Rilassati, lo dico per te, io entrerò cmq dentro con questo cazzo che ti piace tanto” e lo diceva in maniera ironica, a fargli male anche con le parole, spinse più forte, riuscì a farlo cedere appena, a far entrare la punta, gli occhi di lei erano sbarrati, il dolore si iniziava a sentire, spinse ancora un altro po’ e un altro po’ di cazzo entrò, un altro strattone e un altro e lei si sentì come se le stesse strappando la carne, l’eccitazione di lui era al massimo, il massaggio di quello stretto buchino gli dava una gran goduria e grufolava sul collo di lei.

Colpo dopo colpo fu con tutto il cazzo dentro, lasciò che il culo si adattasse e si rilassasse e iniziò una danza su e giù, lenta e continua poi si fermò all’improvviso e spinse ancora, schiacciando le sue palle sul culo di lei e iniziò a descrivere dei cerchi, per allargarglielo, non parlava, grugniva e basta e a lei era morto il fiato in gola. Quando sentì che il culo era bello accogliente prese a pompare forte e affondò senza troppi complimenti due dita nella calda fica di lei, ancora bagnata e muoveva insieme le dita e l’uccello e li sentiva sfiorare dentro, questa cosa lo eccitò a tal punto che si trasformò in un animale, senza ritegno, dava dei colpi forti che facevano quasi male, le dita si infilavano e ruotavano e allargavano la fica e lei era fradicia “Godi anche così, troia che non sei altro?”

Continuò ancora per poco e poi a lei cedettero le ginocchia e venne in un orgasmo più forte del primo.

“Urla, da brava puttana, dai, urla, fammi sentire che il mio cazzo ti fa godere” e senza fermarsi le sfondava il culo.

Quando sentì che stava di nuovo per scoppiare uscì da lei, la voltò e la spinse a terra in ginocchio e schiacciò la testa di lei sul suo cazzo “Leccalo per bene, da brava troia” e senza aspettare risposta glielo infilò in bocca e continuò a pompare tra le sue labbra e di lì a poco le inondò la gola con caldo fiotto di sperma e che arrivò a colare dal lato delle sue labbra.

Lo tolse di lì, lasciandoglielo davanti alla bocca “Puliscilo per bene adesso, da brava” e senza permetterle di alzare la testa aspettò che lo leccasse, ormai ipnotizzata da quella voce faceva ciò che la schifava di più.

Lui si chiuse la zip e girate le spalle se ne andò lasciandola a terra in ginocchio con quello strano sapore in bocca e chinatasi a terra vomitò.
 
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